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Quando un paziente se ne va
Il fenomeno del rifiuto del ricovero da parte dei pazienti nei Pronto Soccorso è una sconfitta per il personale medico e non dovrebbe essere affrontato con leggerezza come invece purtroppo avviene. La denuncia e la riflessione arrivano da un editoriale pubblicato dal prestigioso British Medical Journal.
Il rifiuto del ricovero è stimato attorno al 2% di tutti i ricoveri previsti in Pronto Soccorso, e cinicamente qualcuno potrebbe vederlo come un qualcosa di positivo sia dal punto di vista dei medici che dei pazienti. Il paziente è soddisfatto perché può tornare a casa sua evitando lunghe attese, procedure diagnostiche potenzialmente fastidiose o peregrinazioni di reparto in reparto. Lo staff è soddisfatto perché ha un po’ di impegno in meno in ambienti in cui i ritmi sono frenetici e i carichi di lavoro ai limiti del tollerabile, e può dedicare un po’ più di tempo ai pazienti ricoverati. E infine la struttura ospedaliera e il Sistema sanitario risparmiano soldi, che di questi tempi fa sempre comodo.
Spiega David R. Warriner, cardiologo di Sheffield: “A nostra parziale scusante si potrebbe far notare che andandosene un paziente viola il contratto non scritto tra noi medici e lui, che prevede che venga concordato su consiglio del medico un percorso diagnostico e terapeutico che non tiene conto del tempo ma guarda solo alla salute e ai risultati”. L’organizzazione di un reparto di Pronto Soccorso – nonostante le imperfezioni e gli errori – dà sempre una priorità ai pazienti, per permettere a chi è in condizioni più gravi o potenzialmente pericolose di ricevere assistenza prima degli altri. “Ma la realtà è che permettere a questi pazienti di andarsene dall’ospedale è un vero e proprio fallimento per noi medici”, prosegue Warriner. “Certo, non tutti quei pazienti necessitavano davvero di un ricovero, ma quasi sempre si tratta di persone appartenenti a categorie disagiate, a minoranze o persone comunque non facili da visitare, quindi farcele sfuggire tra le mani è un’occasione persa”.
Ma perché questi pazienti rifiutano il ricovero? “Quasi sempre perché si dicono loro troppe parole”, aggiunge ancora il cardiologo britannico autore dell’editoriale sul BMJ. “Si sentono dire ‘Il dottore la visita presto’ quando invece dovremmo essere onesti con loro sin dall’inizio: la loro reazione riflette il cambiamento occorso negli ultimi anni nell’atteggiamento che i pazienti hanno nei confronti del medico, dall’obbedienza ossequiosa alla contrattazione, fino al consumerismo difensivo. Dovremmo utilizzare parte del nostro tempo non a convincere i pazienti a non rifiutare il ricovero ma a spiegar loro perché devono attendere così a lungo in sala d’aspetto, forse anche a scusarci di non fornire un servizio all’altezza della situazione. Non farà cambiare loro idea forse, ma dimostrerà loro che vengono presi sul serio, che il nostro ritardo è considerato deprecabile anche da noi, che le loro frustrazioni sono comprese e giustificate. L’ampatia può essere molto potente”.
Fonte
Warriner DR. Patients who discharge themselves need further thought. BMJ 2011; 343:371.