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Registrazione degli studi clinici, questa sconosciuta
Le riviste richiedono la registrazione degli studi clinici? Effettuano controlli in tal senso?
Uno dei requisiti stabiliti dall’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE) per la pubblicazione di studi clinici è la loro registrazione. Tale istanza è stata recepita anche dall’ultima versione della dichiarazione di Helsinki (2008), dove si legge “ogni trial clinico deve essere registrato in una banca dati accessibile al pubblico prima del reclutamento del primo paziente”.
Ma cosa succede nel mondo reale dell’editoria scientifica? Sul BMJ Elizabeth Wager e Peter Williams dell’OPEN Project spiegano di aver selezionato in modo casuale 200 riviste di medicina che pubblicano studi clinici e di aver scoperto che solo 55 (28%) richiedevano la registrazione di trial e altri 3 (2%) la incoraggiavano. Wager e Williams hanno cercato di scoprire la causa di tale lacuna chiedendo chiarimenti a editori e responsabili delle redazioni. È emerso che temono di perdere terreno rispetto alle riviste rivali, non vogliono correre il rischio di respingere articoli altrimenti di buona qualità o provenienti da paesi in via di sviluppo.
Una ricerca analoga, a partire dai registri però, è stata condotta da Paola Mosconi e Anna Roberto, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Sono stati visitati 182 siti italiani (tutti i 42 IRCCS; 124 ospedali dove si svolgono gli studi clinici di gruppi cooperativi; 16 associazioni o federazioni di pazienti a carattere nazionale) ed è emerso che solo nell’8% dei casi è accessibile un registro (in particolare, il 26% dei siti degli IRCSS ha un registro online, contro il 3% degli ospedali e il 6% delle associazioni).
Quindi: da una parte, molte case editrici non esigono la registrazione degli studi clinici, dall’altra, nella nostra realtà italiana, i registri, quando ci sono, sono poco accessibili. E così va sprecato un patrimonio oltre che economico, di esperienze, intelligenze e impegno, di ricercatori, ricercatrici e, non ultimi, delle/dei pazienti coinvolti negli studi.
Anche per gli studi clinici ci vorrebbe l’intervento del fantomatico Ocorrafoo Cobange dell’altrettanto fantomatico Wassee Institute of Medicine: pseudonimo con il quale il giornalista John Bohannon è riuscito a far accettare da 157 riviste un lavoro di ricerca chiaramente fasullo sulle proprietà antitumorali di un estratto di lichene. Qui potete fare un giro virtuale delle redazioni che sono cadute nella trappola (in rosso) e di quelle che hanno respinto l’articolo (in verde).
Fonti
Wager E, Williams P. “Hardly worth the effort”? Medical journals’ policies and their editors’ and publishers’ views on trial registration and publication bias: quantitative and qualitative study. BMJ 2013;347:f5248
Mosconi P, Roberto A. Registri studi clinici: davvero disponibili a tutti? PartecipaSalute, 24/01/2013