In primo piano

Revisioni: i nuovi bignami?

La proliferazione di revisioni narrative e di riviste basate su revisioni dell’ultimo decennio? Un fenomeno negativo perché strumentale: lo sostiene un anticonformista editoriale pubblicato dalla rivista The Scientist.

Perché vanno tanto di moda le revisioni? Perché medici e scienziati le trovano utili come “bignami” di un panorama in continua evoluzione e dalla incredibile complessità, e perché gli editori le usano per far crescere l’impact factor delle loro riviste. Ma essere un surrogato della letteratura scientifica “primaria” non dovrebbe essere il ruolo delle revisioni, come spiega Steven Wiley del Pacific Northwest National Laboratory: “Tanti anni fa, scrivere review era un privilegio riservato a ricercatori senior, che facevano tipicamente il punto sulla ricerca in letteratura su una determinata questione. Le revisioni apparivano in riviste specializzate. Ora che il progresso va a velocità vorticosa, si riesce a malapena a restare aggiornati nel proprio campo ristretto, ed è pressoché impossibile valutare la letteratura in aree tangenti alla propria: semplicemente non si ha l’expertise necessaria”. Ma se le revisioni sono adatte più che altro per l’insegnamento o per esplorare aree scientifiche non familiari perché sono così tanto citate? “Personalmente credo avvenga perché sono diventate un surrogato della letteratura scientifica primaria. Invece di citare uno studio, si ha l’abitudine ormai di citare direttamente la revisione che cita il paper. Anzi, una revisione vale per una mezza dozzina almeno di studi, no? Io credo che le revisioni vadano citate solo se introducono concetti o punti di vista originali, o forniscono un contesto storico. Per il resto, si dovrebbero citare i lavori originali – anche se ci vogliono giorni di lavoro per arrivare alla fonte”.

david frati

Fonte
Wiley S. Down with Reviews. The Scientist 2010; 24(4):31.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *