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Risposte in cerca di domande
Che tipo di quesiti emergono durante una visita medica? Con quale frequenza? E si cerca di dare risposta a tali quesiti?
Una revisione sistematica pubblicata su Jama Internal Medicine ha preso in esame gli studi sui quesiti che emergono da parte dei clinici nel corso dell’incontro con la persona assistita.
I principali risultati:
• Con quale frequenza emergono quesiti nel corso della visita medica? In media, i clinici si pongono una domanda ogni due pazienti.
• Con quale frequenza i clinici cercano una risposta? In media, cercano una risposta nel 47% dei casi.
• Perché i clinici non cercano una risposta? Per mancanza di tempo, perché la domanda non è ritenuta urgente o importante, perché si hanno dubbi sulla possibilità che esista una risposta.
• Con quale percentuale di successi? Nell’80% dei casi è stato possibile trovare la risposta, in meno di 2-3 minuti.
• Quale la tipologia di domande più frequenti? Il 34% delle domande era relativo al trattamento farmacologico, il 24% riguardava le potenziali cause di un sintomo, di un segno oggettivo o di un risultato di laboratorio.
Le risposte venivano ricercate per lo più nel corso della visita (non è chiaro se in presenza del paziente); la maggior parte delle domande era difficilmente generalizzabile, e i clinici usavano per lo più fonti cartacee o ricorrevano alla consulenza dei colleghi.
Un clinico con poco tempo a disposizione come può cercare le risposte ai quesiti clinici?
Ecco come fare, secondo il blogger e medico internista Terry Shaneyfelt:
• cercare di avere a disposizione almeno a due (2) risorse affidabili, una per i farmaci (una delle app gratuite per smartphone o tablet, per esempio), e una con “summaries” (UpToDate o Dynamed);
• cercare la risposta per le domande più importanti (in prima linea per la persona assistita, e secondariamente per migliorare le proprie conoscenze). Se le fonti che abbiamo segnalato non bastano, consultare un/una collega, ma chiedendo anche di sostenere le loro opinioni con dei dati, probabilmente sarà vantaggioso entrambi;
• cercare le risposte nel tempo a disposizione e in presenza del paziente: contrariamente a quanto si pensa, la ricerca di informazioni o conferme non viene percepita come insicurezza o incompetenza del medico.
“A un certo punto” conclude Shaneyfelt “bisogna smettere di cercare scuse per non ripondere a quesiti clinici”. Le risorse ci sono, e anche le risposte “cercarle deve essere un qualcosa cui si attribuisce importanza, altrimenti non si sarà motivati a farlo”.
Quale il messaggio principale della revisione di Guilherme Del Fiol (University of Utah, Salt Lake City) e colleghi? Secondo David Carnahan (San Antonio Unformed Services Health Education Consortium, Texas) l’insegnamento più importante non è che nel setting clinico ci sono domande, bensì che “molte delle domande rimangano senza risposta, nonostante l’oceano di informazione che ci circonda. Questo articolo sottolinea il nostro fallimento di attingere all’incredibile potenziale dell’informazione disponibile”.
Fonti
Del Fiol G, Workman TE, Gorman PN. Clinical Questions Raised by Clinicians at the Point of Care. JAMA Intern Med. 2014; 174: 710-8. doi:10.1001/jamainternmed.2014.368
Terry Shaneyfelt. Answering Clinical Questions at the Point of Care- Its Time to Stop Making Excuses! EBMTeacher, 30.03.2014.
Carnahan D. Water, Water, Everywhere, and Not a Drop to Drink. JAMA Intern Med 2014; 174: 719720. doi:10.1001/jamainternmed.2014.1.
Cook DA, Sorensen KJ, Wilkinson JM, Berger RA. Barriers and Decisions When Answering Clinical Questions at the Point of Care. JAMA Intern Med 2013; 173: 1962-9. doi: 10.1001/jamainternmed.2013.10103.