La lettura non fa figo, non è cool. Accidenti: chi scrive così? Il direttore della più accademica delle testate, Libri e Riviste d’Italia? Ma chi, quello che era presidente dell’Associazione Biblioteche? Diminuiscono i lettori tra gli italiani poveri (ormai la maggioranza). Si legge al Nord molto più che al Sud. Si allarga la forbice tra i pochi che leggono e i tanti che non lo fanno. La lettura è collegata alla produzione di ricchezza; è una vecchia storia: ci vorrebbe più PIL per tutti. I bambini leggono tanto. Gli adolescenti la metà dei fratelli minori. Dopo l’università e successivamente all’iscrizione all’albo, anche i professionisti iniziano a leggere sempre meno.
La questione riguarda anche i medici che però, di questo passo, potranno presto disporre di una rivista a testa: nessuno perde più tempo a contare i periodici scientifici (23 mila? 25 mila? … ecchissenefrega) il cui proliferare conferma che quello della medicina è più un ambiente di autori che di lettori. Per esempio, chi si sentirà di fare a meno del neonato Journal of Rural Neurology? Chi resisterà alla tentazione di sottoporre alla rivista un lavoro sperimentale sulla relazione tra sindrome di Korsakov e coltivazione di Shiraz in valle d’Acate?
Leggere non sarà figo ma scrivere sì e, per la logica del “publish or perish”, l’impatto delle istituzioni cresce solo se si produce letteratura scientifica con distaccata determinazione. Ci vuole l’approccio giusto, insomma: la presa per il cool.
Articolo pubblicato su Ricerca & Pratica, gennaio-febbraio 2011.