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Sopravvivere alla sepsi

Lo scorso 13 settembre si è tenuta la prima giornata mondiale della sepsi: come si legge sul sito dedicato all’iniziativa “ogni anno la sepsi causa più morti del tumore alla prostata, al seno e dell’HIV/AIDS messi insieme. (…) Negli USA l’incidenza della sepsi postchirurgica è triplicata tra il 1997 e il 2006”. La sepsi viene spesso diagnosticata in ritardo, e trattata in modo inadeguato.

Per far fronte a questa emergenza, nel 2002 è nato il progetto Surviving Sepsis Campaign: un progetto di collaborazione internazionale creato per migliorare la gestione, la diagnosi e il trattamento della sepsi. Grazie a tale iniziativa sono state elaborate linee guida e protocolli di trattamento, ed è stata costruita una banca dati che raccoglie informazioni relative a 25.375 pazienti, provenienti da 107 unità di terapia intensiva negli USA (18.766 pazienti, 74%) e 79 in Europa (6609 pazienti, 26%), tra il 2005 e il 2010.

Su Lancet Infectious Diseases viene presentata un’analisi del database.

I principali risultati:
• in Europa la percentuale maggiore di pazienti nelle UTI per sepsi grave o shock settico proviene da reparti normali (51.5%), mentre negli USA il 65.1% proviene dai pronto soccorsi;
• la permanenza media in ospedale prima del ricovereo in UTI è più lunga in Europa che negli USA;
• gravità della malattia, permanenza in UTI e in ospedale, e mortalità sono tutte superiori in Europa rispetto agli USA
• i pazienti europei hanno più probabilità di avere una origine nosocomiale di sepsi e meno probabilità di avere una origine urologica di sepsi;
• la compliance con la best practice è superiore negli interventi di rianimazione (resuscitation bundle), entro le 6 h, negli USA; nella gestione della sepsi la compliance con la best practice è superiore in Europa (management bundle) (entro 24h)
• la mortalità ospedaliera per sepsi è superiore in Europa rispetto agli USA, a prescindere dalla sede in cui viene diagnosticata (pronto soccorso, reparto ospedaliero, UTI).

Queste informazioni (per ora) forniscono una fotografia della situazione e, scrivono gli autori, sollevano quesiti che dovrebbero condurre a ulteriori ricerche, soprattutto sugli effetti della diponibilità di posti letto nelle unità di terapia intensiva sugli esiti in pazienti con sepsi grave e shock settico.

Per approfondire, consultare il sito della Surviving Sepsis Campaign e del World Sepsis Day.
In italiano, le pagine del sito del Policlinico di Modena dedicate al progetto Sopravvivere alla sepsi.

arabella festa

Fonti
Levy MM, Artigas A, Phillips GS, Rhodes A, Beale R, Osborn T, Vincent JL, Townsend S, Lemeshow S, Dellinger RP. Outcomes of the Surviving Sepsis Campaign in intensive care units in the USA and Europe: a prospective cohort study. Lancet Infect Dis, 2012; 12: 919-924.
Bion J. Surviving sepsis: a systems issue. Lancet Infect Dis, 2012; 12: 898-899.

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