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Verso una medicina sempre più slow
Sulle note del videoclip dedicato a Choosing Wisely si è aperto a Bolzano il convegno “In viaggio verso una cura sobria, rispettosa e giusta“, organizzato dalla Federazione per il Sociale e la Sanità in collaborazione con Slow Medicine.
Un viaggio iniziato pochi anni fa, nel 2010, che è riuscito rapidamente a coinvolgere sempre più persone che lavorano in ambito sanitario, cittadine e cittadini, società scientifiche e associazioni di pazienti.
Più della metà del pubblico proveniva dal mondo delle associazioni di pazienti e del volontariato, con una nutrita presenza di cittadini interessati, fa notare una delle organizzatrici dell’iniziativa, Paola Zimmermann (Federazione per il Sociale e la Sanità). Tra il pubblico dei medici erano rappresentate tutte le categorie.
Le parole d’ordine? “Lentius, Profundius, Suavius”, “Più lento, più profondo, più dolce”, come diceva Alexander Langer, ricordato più volte durante la giornata, in contrapposizione con l’olimpico “Citius! Altius! Fortius!” (“Più veloce! Più in alto! Più forte!”).
“Siamo di fronte a una sistematica medicalizzazione della società” avverte Antonio Bonaldi, presidente di Slow Medicine, “con una organizzazione sanitaria concepita per l’organizzazione stessa e non per il paziente”. “Pensate a come sono fatti gli ospedali”, ha fatto notare Enrico Morello (AO Spedali Civili di Brescia e uno degli organizzatori dell’iniziativa), “il paziente quando entra ha l’impressione di entrare in un tempio…” e invece dovrebbe essere sobria anche la costruzione degli ospedali “metafora dell’accoglienza del malato”. Di ospedali parla anche Andrea Gardini, presidente della SiQuAS e cofondatore di Slow Medicine: fa l’esempio di un reparto di dialisi con tante inutili toilette (data la minzione ridotta o assente delle persone in dialisi) e un solo spogliatoio, e riporta l’esortazione di un paziente a consultare anche i diretti interessati nella progettazione delle strutture a loro rivolte. La qualità, che si declina anche con il coinvolgimento dei pazienti, non è un lusso ma, al contrario, fa risparmiare.
In direzione ostinata e contraria continua ad andare Giorgio Bert (cofondatore dell’Istituto Change di Torino e di Slow Medicine) che evidenzia il paradosso di una medicina in cui si spende molto per curare i sani e si trascurano i malati veri, che sono una minoranza e non sono seguiti bene. Una medicina con investimenti insufficienti nella ricerca per le malattie rare, poco appetibili dal punto di vista economico. Silvana Quadrino (psicoterapeuta, cofondatrice di Slow Medicine dell’Istituto Change di Torino) aggiunge: “Quando ci hanno convinti che è sempre meglio cercare una malattia prima che si manifestino i sintomi? Perché devo andare da un medico se sto bene? Perché ci abbiamo creduto?”.
Sandra Vernero ha presentato il progetto “Fare di più non significa fare meglio” per individuare le pratiche a rischio inappropratezza, lanciato da Slow Medicine a fine 2012 sulla scia del progetto Choosing Wisely degli Stati Uniti. L’obiettivo del progetto, ci ha detto, “è proprio un miglioramento della qualità e della sicurezza per i cittadini. L’individuazione delle pratiche è solo il primo passo. I passi successivi sono l’informazione dei professionisti e la diffusione di questa cultura. Stiamo anche mettendo a punto del materiale informativo per il cittadino. E poi ci saranno dei progetti nelle singole realtà e nelle singole regioni”. Tra le attività in corso nell’ambito del progetto: la traduzione in italiano delle liste americane e la creazione di liste che tengano conto delle specificità italiane. Claudio Graiff (primario di oncologia all’Ospedale di Bolzano) e Rudolf Schönhuber (membro del comitato clinico del Cochrane Neurological Field) nel loro intervento hanno presentato, tra l’altro, le liste delle pratiche a rischio inappropriatezza in oncologia e neurologia.
Per raccontare Slow Medicine bisogna riuscire a trasmettere l’entusiasmo che anima le persone coinvolte in un movimento che vuole cambiare il modo di fare medicina e che trova sempre più sostenitori, come Horand Meier (coordinatore della UO Governo clinico di Bolzano), che invita a ricordare che secondo una valutazione OMS, verosimile anche per l’Italia, il 20-40% della spesa sanitaria è dovuto a un uso inappropriato delle risorse, e cita l’esempio di RMN, TAC e ecografie addominali, pratiche nelle quali l’uso inappropriato è stimato intorno al 46%. Meier conclude auspicando che le politiche sanitarie altoatesine recepiscano e applichino i principi di una medicina sempre più slow.
All’incontro altoatesino non potevano mancare rappresentanti delle associazioni dei pazienti, Stefan Hofer e Martin Tesler, della Federazione per il Sociale e la Sanità, e Siglinde Jaitner, dell’Associazione Parenti e Amici di Malati Psichici, che auspica un miglior dialogo medico/paziente, ma soprattutto un “trialogo” con il coinvolgimento dei parenti: Slow Medicine, soprattutto il progetto “Fare di più non significa fare meglio”, rappresenta anche per Jaitner una grande opportunità che ogni singola organizzazione dei pazienti può cogliere per contribuire a individuare le pratiche a rischio inappropriatezza e discutere a livello nazionale di sicurezza.
Una delle specificità di Slow Medicine è proprio il coinvolgimento dei pazienti nelle iniziative per cambiare la sanità, “pazienti che si stanno trasformando da pazienti arrabbiati e delusi, in pazienti propositivi”, come ci ha detto Silvana Quadrino: e questo sarà un cambiamento grande, se si sapranno accogliere e valorizzare le loro esperienze e i loro racconti.
Da leggere
Le slide delle relazioni
Da vedere
Il video clip di Choosing Wisely