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Carta o digitale? Entrambi!

“In the evolving worlds of education and technology, printed textbook remain the norm, although there is plenty of experimentation going on with cutting edge items such as electronic readers and tablet computers”. Ha ancora senso e perché pubblicare un Manuale?

Sebbene l’informazione accessibile online sia in continua crescita anche nel campo della medicina e, di conseguenza, della psichiatria, non possiamo dimenticare come questa non sia ancora accessibile a tutti. Al di là di una serie di motivazioni che stanno indubbiamente privilegiando negli ultimi tempi le pubblicazioni online, tra le quali rientrano i costi sicuramente inferiori per queste ultime oltre che la diffusione più ampia, occorre fare alcune riflessioni. Una pubblicazione cartacea, nella fattispecie un manuale, ha sicuramente il vantaggio di rivolgersi ad un pubblico più selezionato veicolando una serie di contenuti che per quantità e specificità potrebbe essere non così semplice proporre online. Peraltro, un manuale (ndr: si tratta di un’opera in due volumi) che nasce sotto l’egida di un’importante associazione scientifica come la SOPSI dovrebbe essere in grado di garantire al lettore una qualità e un livello più difficili da reperire attraverso i vari siti. Vale la pena infine sottolineare come una modalità non escluda necessariamente l’altra, potendo la stessa opera essere proposta in entrambi i formati, come è già stato fatto per il Trattato Italiano di Psichiatria.

Negli Stati Uniti è nata addirittura una “textbook rebellion coalition”: nei suoi studenti e più giovani collaboratori nota un’analoga insofferenza nei confronti della carta stampata?

Onestamente no. Anzi, diversi studenti tanto del corso di Laurea che di Specialità esprimono l’esigenza di avere a disposizione un formato cartaceo dove poter sottolineare, evidenziare, ecc.: se anche optassero inizialmente per un formato digitale, immagino che procederebbero comunque con la stampa dei capitoli di maggiore interesse per studiarli a fondo. Non dimentichiamoci, infatti, che una cosa è il semplice aggiornamento – anche scientifico – che può essere attuato benissimo online, e un’altra questione è lo studio sistematico di un’intera disciplina finalizzato ad un esame di verifica. In quest’ultimo caso lo studente legge anche più volte un determinato volume, selezionando i contenuti più importanti anche tramite una serie di annotazioni visive che rinforzano la sua memoria.

Molte università anglosassoni sono accusate di proporre una formazione molto omologata tra un centro e un altro, dal momento che sono utilizzati come materiali didattici dei “pacchetti” che oltre al manuale prevedono la “test bank”, la “image bank”, le presentazioni in powerpoint e così via. Lei pensa che sia un bene standardizzare l’insegnamento o piuttosto si augura un’università che preservi l’originalità dell’insegnamento di ciascun docente?

Anche in questo ambito il dualismo mi sembra più presunto che reale. È naturale che nel corso di una formazione specialistica come un corso di laurea universitario si proceda con l’insegnamento di una serie di contenuti standard con le modalità che attualmente vanno per la maggiore e che lei ricordava. Tuttavia, nell’ambito dell’insegnamento medico, e in particolare di quello delle diverse specialità, la parte pratica (le esercitazioni, la discussione dei casi clinici, la frequenza del reparto e l’esperienza di pronto soccorso) riconduce lo studente a verificare quanto appreso nella realtà clinica. Molti testi stanno peraltro proponendo questo tipo di approccio già nella fase didattica, incorporando sezioni estratte da casi clinici reali. Direi che nel complesso tale criticità riguarda comunque molto poco l’ambito medico-specialistico nel quale la variabilità, la quantità e la diversità delle discipline e dei relativi docenti offrono al limite modalità d’insegnamento fin troppo differenti che non viceversa.

Intervista pubblicata su Didatticamente, la newsletter del Collegio dei professori di Psichiatria.

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