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Cuore e Down. Una storia da raccontare

Racconto la storia di un pediatra che ha creduto che curare il cuore di bambini affetti da trisomia del cromosoma 21 (la Sindrome di Down) fosse possibile, a patto di fare diagnosi subito e intervenire entro pochi mesi dalla nascita. Racconto la storia dei colleghi che lo hanno affiancato e di altri, indifferenti o contrari. Racconto di un viaggio controcorrente, fatto da cardiologi che hanno dimostrato che curare subito il difetto cardiaco di neonati Down concede loro una vita dignitosa. Quell’esistenza, invece, era considerata gravosa per familiari e società, dunque irrecuperabile e di cui c’era perfino da vergognarsi. Pregiudizio condiviso sino agli anni ‘80, anche tra i medici.

I bambini Down nascono spesso con una malformazione del cuore. Le più frequenti sono due: il canale atrioventricolare completo e il difetto interventricolare. Nei casi peggiori, il sangue arterioso si mischia a quello venoso in un’unica camera con un’unica valvola. Difetto incompatibile con la sopravvivenza, perché provoca uno scompenso cardiaco precoce, con aumento della pressione polmonare così forte da compromettere arterie e vene dei polmoni in pochi mesi. Se non si corregge chirurgicamente l’anomalia, la funzione respiratoria viene meno e una cardiochirurgia tardiva diventa quasi inutile.

Se un neonato e Down, chi ne ha cura segue oggi due regole: ecocardiografia immediata e correzione cardiochirurgica precoce. Se non ci sono segni né sintomi, bisogna comunque escludere la presenza di difetti cardiaci. L’esame clinico, infatti, anche se accompagnato da radiografia del torace ed elettrocardiogramma, non permette una diagnosi certa. Solo l’ecocardiografia fornisce sicurezza, ma deve essere fatta da chi ha esperienza su neonati. Ciò avviene oggi in quasi tutti i Paesi occidentali. Sino agli anni ‘80, invece, i neonati Down erano riferiti in ritardo al cardiologo, che quasi sempre sconsigliava l’intervento chirurgico, sia in Italia che altrove.

Bruno Marino, il medico su cui questa storia è imperniata, andò controcorrente, costruendo con i suoi colleghi un consenso internazionale sull’intervento precoce. Lo basò su dati e ragionamenti convincenti. Pubblicò molto, dibattendo nei congressi tra pediatri e cardiologi e difendendo il valore scientifico dei risultati ottenuti. Oggi i neonatologi di tutto il mondo civilizzato sottopongono il più presto possibile i neonati Down a ecocardiografia e inviano subito chi è malato a intervento cardiochirurgico. Assicurare tutto ciò a ogni bambino Down, infatti, riduce le complicanze e migliora la qualità della loro crescita fisica e psichica. Non dovendo più spendere ogni energia per respirare, affannandosi ogni volta, la loro vita diventa diversa, piena di belle sorprese: crescono bene e vivono dignitosamente, conquistando una propria autonomia scolastica e lavorativa, sino a sperimentare, come gli altri, amori e vita autonoma. Tutto ciò ha cambiato la percezione sociale delle persone Down e ha sviluppato capacita inclusive prima assenti. I genitori non si vergognano più di un figlio diversamente abile e ne apprezzano semplicità e buonumore, tanto che per la prima volta ci si interroga sull’etica dell’interruzione volontaria di gravidanza a seguito di diagnosi prenatale di trisomia 21. Due posizioni opposte: c’è chi si dice convinto che sia amorale portare avanti una gravidanza di un feto Down e chi, invece, pensa esattamente il contrario.

La sindrome di Down è diffusa in tutte le popolazioni e a ogni latitudine. Attualmente la sua incidenza è di circa uno ogni mille nuovi nati. In Italia nasce un bambino Down su 1200 nati vivi e si stimano circa 500 neonati Down all’anno. Attualmente le persone Down in Italia sono circa 38.000 (1). In assenza di interruzione volontaria di gravidanza, l’incidenza dovrebbe essere di circa di 1 ogni 650. Nei paesi del Nord Europa, il numero dei neonati Down e sceso drasticamente. La Danimarca, per esempio, mira a diventare paese “Down free”: nel 2015, il 98% delle donne danesi con diagnosi di gravidanza Down ha scelto l’aborto volontario. Nel 2004 il governo di quel paese lanciò un piano di accesso gratuito ai test prenatali per individuare la sindrome di Down. Nel 2014 lo scienziato Richard Dawkins (2), docente a Oxford, scrisse su Twitter che partorire un figlio Down, avendo a disposizione gli attuali strumenti per la diagnosi prenatale, “è altamente immorale”.

La sindrome di Down ha un’ampia gamma di manifestazioni, per cui possiamo avere individui con gradi diversi di disabilità, che in ogni caso possono migliorare notevolmente se si utilizzano, fin dalla più tenera età, gli strumenti a disposizione in campo medico e pedagogico. Ciononostante, l’Islanda compete con la Danimarca per diventare il primo paese europeo senza neonati Down. Quel paese, infatti, è vicino al raggiungimento del tasso del 100% di popolazione cosiddetta “sana”. Nel 2017, secondo uno studio del Landspitali University Hospital di Reykjavik, ha fatto ricorso all’aborto l’85% delle donne incinte di feti con trisomia 21. L’Islanda è un paese di circa 400.000 abitanti e il numero di bambini nati con la trisomia 21 non supera i due all’anno. Hulda Hjartardottir, alla guida dell’Unità Diagnosi prenatale del Landspitali University Hospital (dove nasce circa il 70% degli islandesi) spiega che, se nel paese nascono ancora bambini Down, è perché, per errore, “non vengono segnalati negli screening” (3). In Islanda l’aborto è legale, anche alla sedicesima settimana in caso di anomalie del feto. La madre di un bimbo Down non ha l’obbligo di abortire e le diagnosi prenatali sono opzionali, ma il governo ha stabilito l’obbligo di informare le mamme in attesa sulla possibilità di effettuare i test. Ambizioni eugenetiche contrapposte a visioni che chiamerei inclusive, ad alimentare dibattiti di considerevole impatto etico. Il progresso di tecnologie che permettono d’identificare un feto “sbagliato” col semplice prelievo di sangue periferico della madre incinta rende talmente precoce, facile e sicura l’interruzione volontaria di gravidanza, che la visione eugenetica prevarrà su quella inclusiva? Forse, ma perché ognuno maturi una propria idea su cosa sia bene fare, c’è bisogno di sapere ciò che accade oggi rispetto a quanto avveniva anni fa.

La vicenda che racconto narra dei pregiudizi che da sempre ostacolano medici “sognatori”, ostinati nel perseguire obiettivi “impossibili”. Cosa sia irragionevole ostinazione e cosa invece rappresenti un progresso è difficile da capire. Questa storia racconta di come medici ostinati abbiano realizzato una Medicina migliore. Oggi, infatti, le persone Down vanno a scuola, lavorano, trasmettono allegria nell’affrontare la vita, soprattutto perché il loro cuore funziona.


Note e bibliografia

  1. Vicari S, Pontillo M, Armando M. Neurodevelopmental and psychiatric issues in Down’s syndrome: assessment and intervention. Psychiatr Genet 2013; 23: 95-107.
  2. Clinton Richard Dawkins (Nairobi, 26 marzo 1941) è un etologo, biologo, divulgatore scientifico, saggista e attivista britannico, considerato uno dei maggiori esponenti del neodarwinismo contemporaneo, nonché del “nuovo ateismo”.
  3. Hjartardottir H. 70th Anniversary of the Department of Obstetrics and Gynaecology at Landspitali. Laeknabladid 2019; 105: 61.

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Testo estratto dalla “Premessa” del libro Down, dove ci porta il cuore di Paolo Cornaglia Ferraris.

Commento

  1. Elisa 24 Marzo 2021 at 0:01 Rispondi

    Bellissimo articolo e bellissimo pensiero

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