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Dalla filosofia alla pratica dell’EBM
Dalla filosofia alla pratica dell’EBM |
Eugenio Borgna (Primario emerito, Servizio di Psichiatria, Azienda ospedaliera Maggiore della Carità, Novara) su “Etica, conoscenza e sanità“, di Alessandro Liberati |
Non si può non essere affascinati e sorpresi dalle risultanze cliniche e dalle acquisizioni scientifiche a cui si giunge inserendo nella diagnosi e nella valutazione terapeutica in medicina il punto di vista della EBM: non arida applicazione di un metodo freddamente naturalistico ma rigorosa e appassionata confrontazione con gli eventi della malattia e della terapia. L’EBM consente di uscire fuori dalle sacche di una valutazione impressionistica delle realtà cliniche per coglierne e descriverne le radici profonde ed essenziali. Cambia il paradigma conoscitivo, che si sottrae alla valutazione clinica tradizionale orientandosi invece alla EBM, e si dilata immediatamente ed enormemente l’orizzonte della ricerca e delle esperienze. Sono tesi, queste, che sono esposte nel corso del libro con un linguaggio semplice e rigoroso insieme, e con una unitaria articolazione tematica dei diversi contributi. Dal libro riemergono poi riflessioni critiche radicali che mettono in drastica evidenza le défaillances, la precarietà, la problematicità, le contraddizioni, le delegittimazioni etiche e talora le mistificazioni di una pratica clinica e di una informazione scientifica disancorate dal rigore metodologico ed epistemologico della EBM. Queste riflessioni si confrontano anche con i problemi diagnostici e farmacoterapeutici delle depressioni: sottolineando la insostenibile leggerezza con cui è oggi formulata la diagnosi di depressione, così fluttuante e così sfuggente nella sua reale dimensione clinica, e con cui si propongono valutazioni farmacoterapeutiche non accompagnate da prove serie di efficacia. Ma, al di là della depressione, ci sono nel libro documentate e rigorose considerazioni in ordine al tema sempre più attuale della infinita serie di indagini strumentali, che vengono realizzate al di fuori di ogni necessità clinica e di strategie terapeutiche che vengono attuate senza che abbiano luogo attendibili validizioni della loro reale efficacia. Nel contesto di questa dilagante medicalizzazione promossa dalla industria della salute, nel libro sono ricordate emblematicamente le parole iniziali, di una acuta e drammatica verità, di uno sferzante articolo del British Medical Journal: "Si possono fare molti soldi dicendo alle persone sane che sono malate". Un libro coraggioso e radicale che fa onore all’Editore e che, quando abbiamo finito di leggerlo – lo dico senza alcuna enfasi – non siamo più quelli che eravamo prima di iniziarlo. Un libro che fa pensare, e un libro di grande originalità e profondità: nel quale ragione e passione sono l’una alleata all’altra in un comune orizzonte di ricerca. 18 maggio 2005 |