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In un’ottica di genere
In un’ottica di genere |
Renata Bortolus, coordinatrice della rubrica Che genere di ricerca di Ricerca & Pratica, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. |
![]() La parola “genere”, anche vicino ad un termine come ricerca, non identifica solo una popolazione o un sottogruppo oggetto di interesse, ma riconosce piuttosto un atteggiamento mentale, una ricchezza trasversale che qualifica i contenuti prodotti dai nostri pensieri e dalle nostre azioni. Non è sufficiente dunque essere una rivista indipendente, e neppure essere Ricerca & Pratica, per possedere naturalmente queste prerogative. È necessario coltivarle, anche attraverso una riflessione interna e un’offerta di spazi dove queste idee, queste informazioni, questi fatti possano manifestarsi, incontrarsi, dialogare e trasformarsi in occasioni e opportunità. Non si fa abbastanza ricerca di genere o non se ne parla abbastanza? Probabilmente queste domande sono entrambe legittime. Il dibattito scientifico che ha caratterizzato negli ultimi anni anche il nostro Paese, soprattutto a partire dal settore della farmacologia clinica, rivendicando la necessità di pensare anche a una specificità di genere nella conduzione di ricerche cliniche e nella produzione del sapere, mostra chiaramente come la strada verso il mutuo riconoscimento tra i generi non sia proprio dietro l’angolo. Per troppo tempo la medicina ha studiato e sperimentato senza tenere conto delle differenze di genere, facendo riferimento ad un “neutro universale” rappresentato dal genere maschile: è quello che gli anglosassoni chiamano gender bias. Nel tempo questa discriminazione si è tradotta in svantaggi, clinicamente quantificabili ad esempio in termini di effetti collaterali. È importante, quindi, che anche all’interno del sapere scientifico, nell’ambito della ricerca clinica, cresca e si sviluppi un pensiero che consideri anche il genere femminile meritevole di essere osservato e indagato. L’obiettivo di un’attenzione dedicata e indipendente al femminile è fare in modo che donne e uomini siano inclusi in egual misura negli studi clinici, per evitare che i possibili effetti negativi sull’organismo femminile siano sottovalutati. È probabile che ancora oggi di questi temi non si parli abbastanza, ma forse preoccupa ancora di più quando se ne parla troppo, e in un modo poco convincente, che apparentemente sembra colmare questa trascuratezza di genere: improvvisamente le donne diventano protagoniste indiscusse di indagini e siti che si occupano generosamente di pezzi importanti della loro salute, o meglio di alcune loro disfunzioni, o meglio ancora del loro trattamento. Come è nata l’idea di uno spazio dove sviluppare contenuti di genere familiari alla ricerca? Le differenze di genere – per la maggior parte delle donne – non sono un concetto astratto, ma una realtà tangibile che accompagna la loro vita, compreso il lavoro, di qualunque natura esso sia, e impregna con la sua presenza le relazioni quotidiane. Qual è lo spirito della rubrica? Come ho ricordato nell’Editoriale che introduce la rubrica, questo spazio vuole tradursi in un punto d’incontro di competenze professionali diverse ma in relazione tra loro: dalla ginecologia alla metodologia della ricerca quantitativa e qualitativa, dalla farmacologia alle discipline umanistiche. Un’ottica di genere che legge dentro a queste parole significati diversi: la donna oggetto di quale attenzione nei protocolli di ricerca? Che cosa significa produrre ricerca gender sensitive? Come possiamo migliorare l’attenzione ai contenuti di genere nella produzione scientifica? Ma anche: vita dura oggi e sempre per le donne ricercatrici? Che cosa pensano le giovani donne che iniziano percorsi di formazione e ricerca, intorno a questi temi? Da chi viene curata? Le donne che si sono impegnate a curare questo nuovo spazio della rivista dedicato alla ricerca di genere, si occupano, a vario titolo, di assistenza, formazione e ricerca, e operano nell’area veronese, per lo più presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Università di Verona.
9 giugno 2010 "Che genere di ricerca" è una rubrica di Ricerca & Pratica a cura di Renata Bortolus (coordinamento), Giulia Bisoffi, Anita Conforti, Francesca Filippini, Simonetta Friso, Cristina Oliani, Nadia Oprandi.
Nel primo numero (PDF: 88 Kb): – Editoriale Renata Bortolus, ginecologa, lavora presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e collabora con l’Alessandra Lisi International Centre on Birth Defects – ICBD di Roma, WHO Collaborating Centre, in progetti di ricerca per l’area materno-infantile. |