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La comunicazione è già terapia
La comunicazione è già terapia |
Giuliano Bono, Medico di famiglia, socio della SIMG e della Scuola Piemontese di Medicina Generale “Massimo Ferrua”, autore di Il tempo di morire. Pubblicato su Va’ Pensiero n° 486. |
Una storia vera. L’autrice arriva in un Pronto Soccorso per un dolore addominale acuto. Il medico vorrebbe tastarle la pancia, la paziente si rifiuta per il troppo dolore: “Mi fa troppo male”, “Se non le va poteva, starsene a casa”. Inizia così il viaggio di Lucia Fontanella in ospedale, dove si tratterrà a lungo e dovrà anche tornarci per un secondo intervento chirurgico (La comunicazione diseguale. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2010). L’autrice, insegnante di lingua italiana all’università di Torino, annota, riflette, discute e descrive cos’è la comunicazione diseguale. Diseguale perché in ospedale le persone non hanno lo stesso potere: i malati sono in una oggettiva condizione di svantaggio. L’up/down della comunicazione: “Tu (il medico) puoi muoverti, e mi giri attorno guardandomi dall’alto, e io sto qua distesa, e ti guardo dal basso in alto, come il più derelitto dei bambini. Sono spaventato, confuso. Puoi farmi ciò che vuoi”. E il discorso si allarga – “Di chi è l’ospedale?” – l’assistenza pubblica non è gratuita, il SSN è finanziato con le imposte pagata dai cittadini, medici e infermieri vi hanno il luogo di lavoro, mentre si atteggiano da proprietari, che consentono per benevolenza ai malati di entrarvi. “È come le montagne per i montanari o il mare per i pescatori, non è roba loro”. L’ospedale, dopo la rivoluzione francese, esiste per la volontà di una collettività che crede nell’organizzazione sociale e la finanzia. “io, malato, non sono forse la vostra ragione d’essere, caro dottore e caro infermiere?” Spesso i malati non fanno valere i loro diritti perché “la prudenza guida per lo più il comportamento del malato in ospedale, il timore di ritorsioni che hanno quasi tutti i malati…”. Siamo nel terzo millenio, ci riempiamo la bocca di humanities, nei convegni, e lasciamo che un cittadino si senta così umiliato?!?.
L’autrice conclude: “L’informazione è indispensabile. La gestione dell’informazione deve appartenere all’intero sistema. E deve esserci qualcuno che controlla e sancisce”. Come tutte le attività professionali deve avere un controllo di qualità, progettato, programmato, verificato in sedi e momenti particolari. La comunicazione si può imparare e questo libretto (dico libretto solo perché è di piccolo formato, sta nella tasca, ma ha il valore di un librone) in sole 132 pagine di testo è già uno strumento di formazione. Da leggere imperdibilmente. E da far leggere a studenti e a medici già formati. La medicina narrata dai non medici ha un ruolo nella crescita dell’ascolto e dell’empatia. Racconta come gli altri ti vedono, ma non te lo dicono, quando si siedono dall’altra parte della scrivania. Grazie professoressa per averlo scritto. |