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Le chiavi dell’ascolto

L’Autore di Prendersi cura dell’altro, infermiera presso l’Ospedale civile di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), docente del Corso di Laurea in Infermieristica all’Università di Parma, parte dalla constatazione che l’incontro con altre persone fa parte della nostra vita quotidiana e che questo incontro spesso momentaneo, superficiale, diventa più stretto ed intenso nell’ambito del proprio lavoro, specie quando si tratta di professioni sanitarie.

La cura, intesa prima di tutto come capacità di essere accanto all’altro, è il denominatore comune del pensiero di alcune importanti figure di riferimento in ambito infermieristico: Madeleine Leininger, Marie Collière e Joyce Travelbel. L’Autore sottolinea come intelletto e sentimento, razionalità ed emotività, logica e passione, oggettività e soggettività sono tradizionalmente considerate in contrapposizione, ma diventa sempre più evidente che occorre superare questa contrapposizione perché i saperi possano trovare un terreno per incontrarsi. Le emozioni ed i sentimenti della persona rivestono un ruolo fondamentale nelle relazioni, negarli o volerli nascondere non consente a coloro che si dedicano all’attività di cura di “fare una buona cura”.

Affronta poi il tema del rispetto, del riconoscimento, dell’ascolto nell’incontro con l’altro, che considera prerequisiti indispensabili all’accoglienza. Scrive fra l’altro: “l’ascolto, tra tutti costituisce la facoltà che ci consente di entrare in contatto con il mondo dell’altro. Un ascolto, per riprendere le parole di Simone Weil, in cui trova posto il silenzio, l’attenzione, l’umiltà”.

Nel III capitolo “Vivere nella contemporaneità” vengono presi in considerazione i problemi di comunicazione e di convivenza che nascono nella nostra società, che sta diventando sempre più multiculturale.  Bisogna cercare le chiavi che permettono ad ognuno di noi di avvicinarsi e di entrare in relazione con chi è diverso; alcune di queste: la capacità di giudicare criticamente se stessi e le proprie tradizioni; il saper uscire dalla mentalità di fare parte di un piccolo gruppo e considerare come bisogni e scopi comuni vengano realizzati in modo diverso in circostanze ed in luoghi diversi; e coltivare “l’immaginazione narrativa” come la capacità di immaginarsi nei panni di un’altra persona, di capire la sua storia personale, di intuire le sue emozioni, i suoi desideri e le sue speranze.

Il libro termina con un capitolo intitolato “La cassetta degli attrezzi”, in cui si suggeriscono come strumenti di lavoro discipline quali l’antropologia, la demografia e l’etnografia, che possono aiutare a liberarsi da pregiudizi e stereotipi che troppo spesso inquinano i rapporti con gli altri, quando sono lontani da noi per cultura, tradizioni ed abitudini.

Il rispetto della persona significa la capacità di vederla così com’è e di conoscerne la vera individualità. Per coloro che si occupano di professioni legate alla cura, il rispetto può tradursi in capacità di accoglienza e sospensione del giudizio al fine di meglio conoscere la persona in un determinato contesto. Tutto questo è fondamentale al fine terapeutico perché consente di cogliere la vera dimensione del problema.


Recensione pubblicata su Bollettino SIFO, n. 3, maggio-giugno 2006, pp 132-3.

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