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Londra 1854: troppo privato porta il colera
Sanità pubblica o privata? Questa è la storia di ciò che può succedere quando gli interessi privati vengono anteposti a quelli del pubblico e quando il cattivo magistero zittisce l’etica. La storia inizia nella metà dell’Ottocento, in Europa, e più precisamente nella Inghilterra vittoriana.
Gli inglesi (come tutta l’Europa) avevano assistito con crescente orrore a successive ondate pandemiche di colera “asiatico”. Il contagio arrivava dal continente di solito a bordo di navi, faceva migliaia di morti e scompariva nel nulla. Era un contagio democratico poiché non risparmiava nessuno: benestanti, lavoratori, poveri costretti a vivere nelle orripilanti condizioni delle “workhouses” dickensiane e neppure i vascelli della Regia marina, all’epoca signora dei mari.
Uno degli aspetti più misteriosi del contagio era la sua modalità di trasmissione. La teoria che ancora teneva banco nella prima metà dell’ottocento era quella dei miasmi. Questa voleva che i cattivi odori che si sprigionano dai cumulidi sporcizia e le fogne aperte che intestavano i centri abitati causassero il contagio sprigionando una sostanza detta “colerina”, di cui si ipotizzava la esistenza anche se non se ne conosceva la natura.
Nell’estate del 1854 la penultima e più grave pandemia del secolo si scatenò con particolare furia al centro di Londra, già allora metropoli cosmopolita al centro del più vasto impero economico-militare mai visto. II governo britannico rispose con decisione e prontezza riunendo una commissione scientifica composta da luminari e prendendo misure eccezionali quali la disinfezione con calce viva delle strade e delle fogne dei quartieri più colpiti, oramai semideserti. La commissione, infarcita di sostenitori della teoria dei miasmi, dopo indagini accuratissime, concluse che le esalazioni miasmatiche erano da imputare nella genesi della epidemia. Il grande vantaggio di questa conclusione fu che la successiva pulizia del territorio portò a condizioni igieniche senza dubbio più salutari.
Il problema però era che la teoria dei miasmi era una bufala e il colera era ed è trasmesso per contagio oro-fecale sopratutto dall’acqua. L’agente non era la colerina, bensì un bacillo curiosamente individuato nei giorni stessi della epidemia londinese nel Granducato di Toscana da Filippo Pacini nelle feci di colerosi. Fu il primo a intuirne il significato.
Il brumoso Tamigi come gli altri corsi d’acqua nelle vicinanze di centri abitati, era divenuto una fogna aperta, ricettacolo di bacilli colerici che venivano trasmessi o per contaminazione locale o perché pozzi fatiscenti comunicavano con il sistema fognario cittadino il quale a sua volta veniva “riempito” dalle piene del Tamigi durante l’alta marea.
La postuma dimostrazione di trasmissione del colera fu dovuta a uno strano asceta-scienziato-medico di 45 anni, tale John Snow. Questi si lanciò in una estenuante indagine porta a porta che si autofinanziò. Dimostrò che il maggiore veicolo del colera era l’acqua inquinata degli acquedotti pubblici in mano ai privati. Lo fece confrontando la mortalità nelle case spesso nella stessa strada, rifornite da due acquedotti appartenenti a società private differenti: uno che traeva l’acqua da una parte del Tamigi molto contaminato e l’altro che la traeva da una parte molto più lontana dalla foce e dagli scarichi urbani. Vi sono pochi dubbi che gli acquedotti privati mirassero a tagliare i costi e ad aumentare i profitti, come tutti gli esercizi privati, ma ve ne erano alcuni che lo facevano in maniera più etica, più seria e altri che miravano al sodo. Così l’acquedotto “pulito” aveva spostato le idrovore a Thames Ditton a molti chilometri dalla foce e aveva un rudimentale sistema di filtrazione e sedimentazione. Vi era, in altre parole, un minimo controllo di qualità. L’altro acquedotto (quello “sporco”) prendeva l’acqua dalla parte più inquinata e oltre l’acqua alla cannella gli utenti potevano ricevere una rivoltante collezione di insetti acquatici, tale era la mancanza di ogni controllo.
Uno degli aspetti più interessanti della vicenda fu il tentativo di una società di acquedotto di alleggerire le proprie responsabilità tramite un inbufalimento dei dati (la diluizione degli spaventosi dati di mortalità con quelli provenienti da zone rifornite da altri acquedotti). Il lavoro di Snow fu ignorato, anche se probabilmente gli advisor governativi lo lessero per filo e per segno (se lo era pubblicato a spese proprie). Poich all’indomani della pandemia seguente fu presto riconosciuto come la spiegazione della trasmissione del colera e rimedi furno presi. Purtroppo in ritardo di circa 10 anni e al costo di centinaia di migliaia di vite umane.
Vi erano quindi privati e consiglieri governativi che si erano comportati in maniera etica. e altri no. La morale? La Sanità pubblica è materia molto delicata. Se lo ricordino tutti coloro che smaniano di metterci le mani per svariati motivi: l’ingordigia, il tornaconto politico e il protagonismo. Come diceva il Generale Sun Tzu nel suo capolavoro l’Arte della Guerra (Cina VI secolo a.C.) in medio stat virus. L’indebolimento di strutture di Sanità pubblica di alcune Regioni, avrà senza dubbio un ritorno politico a breve, ma lascia vulnerabili degli aspetti cardinali della nostra società in un momento in cui abbiamo per la prima volta prove dirette della trasmissione da persona a persona di un arbovirus di provenienza africana. Dove? In Emilia Romagna, nei dintorni di Cervia, un paio di centinaia di casi nel giro di qualche settimana. Questo primato italiano, a differenza delle gesta della nostra nazionale di calcio o di qualche velina in cerca di sponsor, sono andati pressoch inosservati.
Precusorsi di peggio? Manteniamo alta la guardia, e agiamo con etica, pubblici e privati insieme. Chissà, potremmo essere noi i prossimi colpiti dalla colerina.
Articolo apparso sul Sole 24 Ore Sanità, 11-17 dicembre 2007, pp: 16-7.