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Nati per conoscere

Quale apporto ha dato Wilfred R. Bion alla psicoanalisi infantile e quali i concetti da lui introdotti che più hanno innovato il lavoro psicoanalitico?

La genialità del pensiero di Bion ha aperto nuove prospettive alla psicoanalisi ed alla comprensione della mente dell’individuo, dei gruppi, delle istituzioni. Questo libro è un contributo allo studio del suo pensiero, pensiero complesso, ma anche fortemente evocativo e di grande supporto per chiunque lavori a contatto di individui e di gruppi.
In particolare, gli psicoanalisti che esercitano la psicoterapia infantile, sono sostenuti in modo significativo dalla teorizzazione di Bion: i concetti di funzione alfa, di rêverie, di contenitore-contenuto fanno parte di un bagaglio lessicale irrinunciabile e, costituiscono una guida nella pratica della psicoterapia psicoanalitica infantile. La spinta innata dell’individuo dalla nascita a conoscere, fattore K, ed a mettersi in comunicazione con il seno e con l’oggetto primario-madre attraverso l’identificazione proiettiva, viene da Bion descritta, mostrando così le modalità attraverso cui la mente origina e sviluppa il suo funzionamento. L’amore della madre per il suo bambino attraverso la rêverie, stato mentale aperto alla ricezione di tutto ciò che proviene dall’oggetto amato, le permette di ricevere le identificazioni proiettive del neonato, di contenerle, decodificarle e restituirle, dando ad esse un senso che allevia angoscia e confusione.
La rêverie è in questo senso uno dei fattori della funzione alfa. Funzione della mente materna adulta che accoglie e contiene i dati sensoriali concreti del bambino.

In cosa consiste l’approccio bioniano nell’analisi con bambini e adolescenti?

I concetti esposti sono stati dagli analisti assunti per meglio comprendere la funzione di contenitore del setting e dell’analista che, attraverso la rêverie, permette che emergano nel corso della seduta i contenuti angoscianti che provengono dal mondo interno del paziente, espressi dai soggetti in età evolutiva attraverso il gioco, i disegni, le verbalizzazioni. Le emozioni che Bion propone di estrapolare nella relazione col paziente sono: L(love), H(hate), K(knowledge). L’attenzione alla qualità ed allanatura dei legami, intesi come condivisione di un’esperienza emotiva nella seduta analitica, diventa cruciale nel dar luogo a delle trasformazioni. Quando i legami contrassegnati da amore o odio sono troppo intensi viene ad essere ostacolato un processo di conoscenza.

Cosa si intende per “gruppalità della mente”? È possibile spiegarlo anche ai “non addetti ai lavori”?

L’interesse di Bion per la psicologia di gruppo e l’approfondimento delle dinamiche di gruppo lo porterà sia a sviluppare il concetto di gruppalità della mente che a segnalare e valutare l’importanza per ogni individuo,animale di gruppo, delle istituzioni e dei gruppi a cui appartiene (famiglia, gruppo dei pari, classe…). In questo senso va intesa l’affermazione di Bion: “nessuna persona dovrebbe essere considerata priva di manifestazioni attive di psicologia di gruppo”.
Il concetto di gruppalità della mente deriva dalla descrizione di M. Klain, tratta dalle analisi infantili del mondo interno come teatro di personificazioni, popolato di oggetti in relazione tra loro.

L‘individuo è profondamente e psicologicamente radicato nel gruppo cui appartiene, secondo il pensiero di W. Bion: quali le conseguenze di una tale affermazione? Si tratta di un assunto superato dall’attuale pensiero psicoanalitico?

La descrizione del funzionamento dei gruppi, gruppo di lavoro, gruppi funzionanti su assunti di base, costituisce ancora oggi una valida descrizione delle modalità di funzionamento dei gruppi.
La teoria di Bion, fornendo ampie chiavi di lettura sul rapporto tra i componenti del gruppo e tra il gruppo e l’individuo, si è prestata a successive elaborazioni dei fenomeni di gruppo e di tecnica di intervento nei gruppi terapeutici; ha inoltre favorito chiavi di lettura per esperienze in ambito istituzionale. L’articolo conclusivo ne è un esempio. Contributi allo studio psicoanalitico sulla funzione per l’individuo dei sistemi sociali sono giunti da autori, come E. Jaques, che hanno elaborato questa parte del pensiero di Bion.

La realtà psichica è inconoscibile? Quella del bambino è meno accessibile rispetto a quella di una mente adulta?

E’ più accessibile, se si accede al linguaggio che il bambino propone (gioco, disegno) ed è più mobile. Il bambino è quasi sempre aperto alla speranza di poter ricevere un aiuto da una mente adulta interessata a ciò che lui desidera e teme. La ricerca del significato è una spinta innata dell’individuo. L’apertura a questa realizzazione è, quasi sempre, motivo di sollievo e di ripresa di percorsi evolutivi.

L’ultimo articolo riportato nel libro tratta dei processi di socializzazione e pone alcuni interrogativi e riflessioni sulle contemporanee istituzioni per la prima infanzia: asili nido, scuole materne ed elementari. Ci può dire qualcosa in merito?

E’ stato merito della psicoanalisi, ancora con Bion, segnalare la complessità del mondo interno delle relazioni tra individui, la delicatezza dei rapporti tra adulti e bambini, nei primi anni di vita, (e non solo, se pensiamo all’importanza del passaggio all’adolescenza, l’accesso al gruppo dei pari, etc). Diviene indispensabile, alla luce di ciò, promuovere nelle istituzioni per l’infanzia la conoscenza dei rilevanti ruoli che gli adulti in esse ricoprono. Li ricoprono, non solo in quanto figure di riferimento per i necessari processi di identificazione, ma anche come appartenenti ad una istituzione che, attraverso le necessarie proposte di tipo organizzativo, offre aspettative, modelli di contenimento e di sviluppo che, comunque, si rivelano significative per la personalità dell’individuo e del cittadino.

2 luglio 2008

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