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Nella mente dei bambini

Intervista a Diomira Petrelli, curatrice di “Fantasia inconscia“.
La fantasia inconscia è un sottofondo che fin dalla nascita contraddistingue la vita mentale, è “un mondo di forme interiori intensamente investite affettivamente”, che “in forma mascherata” riemerge, anche nelle forme del sogno. Il testo è la versione integrale del paper presentato da Susan Isaacs alla società britannica di psicoanalisi e costituisce una prima trattazione sistematica e innovativa della teoria sull’organizzazione mentale precoce: Diomira Petrelli ne ha curato l’edizione italiana.

Perché ha ritenuto necessario pubblicare la versione integrale del saggio di Susan Isaacs sul modello di funzionamento mentale “precoce”, ovvero nei bambini molto piccoli?

Si tratta di un testo “classico” della psicoanalisi. Pur risalendo al 1943, il saggio anticipa ricerche successive e molto attuali sul funzionamento mentale primitivo: esso ha il pregio di aver sottolineato, in linea col pensiero di Melanie Klein, la precocità dell’attività mentale, evidenziando la capacità relazionale del neonato nei confronti della figura materna e l’interscambio che si instaura, fin dalla più tenera età, tra il bambino e la madre.

Cos’è la “fantasia inconscia” teorizzata dalla Isaacs?

Il termine “fantasia inconscia”, come la stessa autrice ha sottolineato, è stato adoperato con una forzatura ed estensione del significato abituale del termine, per descrivere le forme più primitive di attività mentale proto-rappresentativa: si tratta, cioè di una prima attività mentale che mette in forma l’esperienza, sia quella corporea sensoriale, sia quella percettiva derivante dal mondo esterno. Un’attività che darebbe corpo a quel costante “film della mente”, per adoperare l’espressione di Damasio, che accompagna tutte le nostre attività mentali.

Si tratta di un vero film, cioè di un’elaborazione dell’esperienza mediante immagini visive?

Queste primissime forme di elaborazione dell’esperienza non sono all’inizio di tipo visivo. Si tratta – per la Isaacs – di una prima modalità del farsi presente alla mente di sensazioni e percezioni, fortemente investite da affettività. Nella fantasia inconscia, così intesa, il rapporto con il proprio corpo e il suo interno (sensorialità) e con il mondo esterno (percezione) prende forma con una coloritura emotiva ed affettiva e viene interpretato come proveniente da una relazione, in atto e molto concreta, tra sé e l’oggetto, che è la madre.

La “fantasia inconscia” allude ad una capacità di fantasticare già nel neonato?

No. Il termine fantasia inconscia è forse improprio, perché non ha a che fare con il fantasticare, bensì con il prendere forma dell’esperienza interiore. Nelle opere di Freud la fantasia è considerata un’attività piuttosto tardiva e difensiva rispetto a situazioni frustranti incontrate nella realtà. L’accezione che del termine “fantasia” dà la Isaacs, concordemente al pensiero della Klein, è molto diversa, sebbene, per ragioni storicamente comprensibili, l’autrice abbia teso a sottolineare piuttosto la continuità che la discontinuità con il pensiero freudiano. Ma nell’ambito del dibattito che animò in quegli anni la Società britannica di psicoanalisi, si trattò di una strategia politica per fronteggiare la minaccia di espulsione dalla società. Ciò spiega perché nel saggio venga in qualche modo attenuato il valore di innovatività delle tesi sostenute, a vantaggio della continuità con il passato.

In cosa consiste il valore di innovatività delle tesi sostenute nel saggio?

L’elemento fortemente innovativo sostenuto dal gruppo della Klein, al quale la Isaacs apparteneva, riguardava la possibilità di teorizzare l’esistenza di un’attività mentale in epoca molto più precoce di quanto venisse supposto in precedenza e sulla base di dati derivanti dall’osservazione diretta del neonato e dall’analisi di bambini molto piccoli. Si trattava di rendere conto di dati derivanti da un nuovo campo di osservazione, in particolare, dal nuovo setting rappresentato dalla stanza da gioco, in cui si svolgeva l’analisi dei bambini, secondo la nuova tecnica adottata dalla Klein.

Il gioco è, dunque, uno strumento di rilievo per la conoscenza e l’analisi del bambino…

L’autrice aveva una conoscenza del bambino e dei vari aspetti dello sviluppo infantile che andava ben aldilà della psicoanalisi; infatti, ancor prima di diventare psicoanalista, era stata un’importante e nota pedagogista, aveva diretto scuole all’avanguardia e fu conosciuta e citata anche da Piaget.
Nel saggio la Isaacs descrive come il gioco del bambino sia un modo di esternalizzare i conflitti del suo mondo interiore e, in parte, di elaborarli: attraverso il gioco è possibile cogliere le dinamiche interne del mondo psichico del bambino.
Inoltre, la Isaacs è stata autrice di numerosi scritti che sottolineano come emotività e conoscenza, sviluppo emotivo e intellettivo siano strettamente intrecciati e l’uno influenza fortemente l’altro. Questa impostazione, considerata d’avanguardia al tempo in cui operò la Isaacs, è attualmente ampiamente condivisa. Chiunque si occupi dell’infanzia può trovare di grande interesse queste formulazioni e osservazioni della Isaacs.

Questa precoce organizzazione mentale permane anche nell’adulto?

La fantasia inconscia rime come sottofondo inconscio, costantemente attivo, in tutta la nostra vita. È il modo in cui i nostri desideri, le nostre pulsioni e angosce si rendono presenti alla mente; modalità che si evidenzia ad esempio nelle forme del sogno, in cui quel mondo riemerge “in forma mascherata” come diceva anche Freud. Questo mondo di fantasie inconsce, corporee e concrete, riemerge in alcuni punti, ma rimane come sottofondo costante in tutta la nostra vita psichica, anche adulta.

Ci spieghi meglio…

Questo sottofondo è qualcosa che dà spessore e concretezza alla nostra vita emotiva, per cui noi possiamo sentire delle cose, anche da adulti, in modo molto fisico e concreto. Per esempio, diciamo che abbiamo divorato un libro e questa forma metaforica del linguaggio esprime la primitiva fantasia di apprendere attraverso un’incorporazione orale: noi siamo consapevoli che non stiamo divorando, ma nel linguaggio resta traccia di questa prima fantasia iniziale di prendere dentro attraverso la bocca o attraverso gli occhi, a seconda di quale sia il canale sensoriale che venga investito. Si tratta di un modo di interpretare l’attività mentale che vede la compresenza di un livello primitivo ed uno più evoluto, che sono compresenti ed in continuo contatto nella nostra vita mentale, e si arricchiscono a vicenda. Di tutta l’esperienza di vita del bambino restano tracce indelebili, soprattutto della situazione ambientale precoce, cioè della situazione relazionale. Lutti, situazioni di tensione e sofferenza all’interno del nucleo familiare in cui si trova a vivere il bambino, anche se non percepite puntualmente, vengono comunque colte affettivamente, restano come una sorta di impressione generale della situazione, danno una coloritura emotiva di base all’esperienza del bambino e hanno risvolti sul tono di base dell’umore.

Affascinante teoria, ma come è stato possibile pervenire ad essa?

Il campo di studio della Isaacs è in particolare quello dell’analisi dei bambini. Anche la teorizzazione del gioco come esternalizzazione del mondo interno di forme precoci e di fantasie primitive è stata colta attraverso lo strumento dell’analisi infantile, che è diverso da quello dell’analisi degli adulti. La Klein, al cui pensiero il saggio della Isaacs si ispira, si è mossa tra il campo dell’analisi infantile e quello dell’analisi degli adulti, anche psicotici, trasportando conoscenze da un campo ad un altro. Lo specifico campo di indagine dell’analisi infantile ha permesso di entrare in contatto con fasi più precoci dello sviluppo umano e di potere elaborare, a partire da questi dati di osservazione, un nuovo modello di funzionamento mentale, che è in parte diverso da quello di Freud.

Qual è il valore clinico della teoria sulla fantasia inconscia nella gestione delle psicopatologie?

La teoria della fantasia inconscia è rilevante e innovativa anche da un punto di vista della tecnica del lavoro analitico, mira a cogliere qualcosa di diverso; rispetto alla tecnica che potremmo definire classica, è indirizzata non tanto alla ricostruzione di eventi passati e del modo in cui furono vissuti, bensì alla conoscenza delle fantasie della mente, attive in quel momento e da sempre: potremmo dire che punta alla mappatura del mondo interno del paziente, a conoscere il tipo di oggetti che lo popolano, le loro qualità, le fantasie che riguardano questi oggetti e le loro relazioni, fantasie che si rivelano in tutta la vita del soggetto e, nello specifico della situazione analitica, nel transfert. È un lavoro che tende a conoscere la qualità delle relazioni che si stabiliscono tra gli oggetti del mondo interno, quindi le principali fantasie inconsce attive in quel momento. Le fantasie possono essere molto irrazionali, paradossali o estremamente violente e possono influenzare profondamente tutta la vita di un individuo in modo inconsapevole. L’obiettivo della psicoanalisi è poi quello di aiutare il soggetto ad averne consapevolezza per modificare lo stato presente, se patologico.

Quali principi metodologici dello studio psicoanalitico è possibile desumere dal testo?

Nel saggio è presente una prima parte metodologica in cui la Isaacs sottolinea l’importanza della metodica dell’osservazione diretta nello studio della psicologia generale ed infantile e di alcuni principi metodologici, diventati comuni nella psicoanalisi, che sono di raccordo tra la metodologia psicoanalitica e quella della ricerca scientifica in campo psicologico. Uno di questi è l’attenzione al contesto dei comportamenti, cioè l’importanza di osservare il comportamento del bambino nel contesto in cui si svolge, perché è il contesto a rendere significativo il comportamento e ci rende possibile comprendere il significato più profondo di un tratto del comportamento che, se isolato, non sarebbe comprensibile; ciò si aggiunge all’attenzione per i dettagli apparentemente insignificanti del comportamento. Principi metodologici ampiamente riscontrati e verificati come indispensabili negli studi osservativi e dei quali il merito va a Susan Isaacs.

23 maggio 2007

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