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Promuovere il cambiamento per produrre salute
La recensione del libro Promuovere salute: principi e strategie di Patrizia Lemma, pubblicata su Prospettive Assistenziali.
Il testo si propone di rimettere al centro del dibattito la salute pubblica e l’Autrice si sforza di capire i rischi a cui può andare incontro il nostro Servizio sanitario stretto tra l’idea che la cattiva salute sia “colpa dell’individuo” (il riferimento è al pensiero di Tony Blair, quando era il Premier britannico) o, piuttosto, sia frutto di scelte politiche precise. L’autrice sostiene quest’ultima posizione e offre al lettore una prospettiva (vision) per collocarsi in un percorso virtuoso di cambiamento, rivolgendosi principalmente agli operatori professionisti della sanità. Senza correre il rischio di gettare la vecchia concezione di sanità, che si fonda principalmente sulla certezza clinica, l’invito è ad aprirsi alla comunità in cui si vive per interrogarsi sui motivi che ostacolano la promozione di salute: dalle disuguaglianze tra cittadini a causa dì differenti disponibilità di risorse, alla mancanza di passaggio di informazioni tra professionisti e tra le professioni sanitarie e i cittadini. Cosa si può fare?
Nelle prime due parti del testo Lemma mette a fuoco alcuni problemi prioritari e indica alcune scelte che ritiene utili per incrementare il benessere della popolazione. Interessante nella terza parte l’accento che pone ai temi della mobilitazione sociale, dell’educazione alla salute, dell’advocacy (intesa come processo politico da parte di un individuo o gruppo di persone che mira ad influenzare le politiche pubbliche e l’allocazione delle risorse all’interno dei sistemi politici, economici e sociali e relative istituzioni). Temi questi all’ordine del giorno negli anni ’70 e caduti in disgrazia da tempo, fenomeno nel quale l’Autrice indica il motivo – forse – principale del venir meno della tensione sociale e politica indispensabili per garantire la salute pubblica.
Tornano concetti come partecipazione e progettazione, dove la comunità dei cittadini dovrebbe essere protagonista, perché “l’analisi dei bisogni riconosce la necessità di partire dalla negoziazione intorno alla natura stessa del problema, che non potrà che emergere da/l’esperienza quotidiana di vita nella comunità”. È da questa partecipazione dal basso che può nascere la mobilitazione sociale indispensabile per promuovere il cambiamento, ma che per essere efficace deve contare su professionisti che siano disposti a modificare il loro ruolo per passare “da dirigenti dell’azione di cambiamento a responsabili della crescita della comunità nelle sue capacità e possibilità di cambiare”.
Altro aspetto rilevante per l’Autrice è rimettere al centro il cittadino attraverso la deliberazione partecipativa, per ricostruire un rapporto di fiducia che si è incrinato miseramente negli anni, per aver centrato le decisioni sugli esperti. Secondo Lemma negli ultimi vent’anni “si è assistito a una sorta di collasso del coinvolgimento civico con la contemporanea caduta della coesione della solidarietà sociale”. Per questo bisogna tornare al coinvolgimento dei cittadini, perché è dai diversi punti di vista dei gruppi di interesse che può nascere un processo deliberativo democratico che “se ben condotto, aumenterà le probabilità di giungere a una soluzione condivisa attraverso una reale negoziazione).
Resta il problema dei gruppi di cittadini che “non hanno strumenti, né tecnici né di potere per negoziare punti di vista e soluzioni”. Pensiamo ad esempio alle persone non autosufficienti a causa di malattie croniche o disabilità, o ai minori con famiglie in difficoltà. L’Autrice non ne fa cenno, ma richiama il tema dell’“advocacy” e quello dei “diritti” e delle azioni intraprese dai gruppi che “prendendo le difese di coloro che sono più vulnerabili” lavorano nell’ottica di ottenere una migliore ridistribuzione del potere “nella prospettiva di costruire inclusione sociale”.
Ecco quindi che le “azioni di ‘advocacy’ accompagnano il processo di mobilitazione perché venga ripristinato il sistema dei diritti e superato il conflitto tra le parti sociali”. Sembra facile e possibile in tempi brevi, secondo l’Autrice, ma, anche se il rispetto dei diritti è l’arma di difesa dei più deboli, ci sembra che nel testo siano sottovalutati gli ostacoli enormi frapposti da parte di chi deve cedere risorse e vantaggi per sé (individualismo del nostro tempo) per spartirli con gruppi di cittadini che non possono restituire nulla, perché assolutamente non produttivi.
Così ci sembra molto limitante richiamare il tema delle alleanze, per unire le forze, con riferimento solo a quelle praticabili tra istituzioni politiche e gruppi di interesse, mentre costruire alleanze trasversali dovrebbe essere l’obiettivo per produrre salute per tutti, anche per chi non è in grado di tutelarsi a causa della gravità delle sue condizioni.
Il testo affronta infine il tema sanità pubblica in un mondo che cambia: salute in relazione al sistema ecologico, ai processi economici e culturali, al fenomeno della migrazione. Sarebbe auspicabile che i professionisti della sanità, leggendolo, accettassero di mettersi in discussione per promuovere il cambiamento che l’Autrice indica come passaggio ineludibile per promuovere salute, che a nostro avviso dovrebbe ricomprendere anche il rispetto (prima ancora della difesa) del diritto alla salute di tutti i cittadini, compresi quelli non autosufficienti oggi illegittimamente espulsi dal Servizio sanitario nazionale in modo spesso brutale proprio da operatori professionisti del settore.