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Psicofarmaci e allattamento: basarsi sulle evidenze
Mens sana |
Antonella Sagone Psicologa e consulente professionale in allattamento materno (IBCLC), su “Psicofarmaci in allattamento“. |
![]() Un conflitto apparente. Salute della donna e del bambino solo apparentemente possono apparire inconciliabili: le evidenze delle ricerche mostrano come nella stragrande maggioranza dei casi ci sia un’opzione terapeutica compatibile con l’allattamento al seno. La questione si fa delicata quando la donna ha necessità di curarsi per un disagio psichico, come ad esempio una depressione pre-esistente o sopravvenuta, come con una certa frequenza avviene, nei mesi successivi al parto. Con troppa facilità si suggerisce in queste occasioni alla donna di svezzare il bambino che sta allattando e di assumere i farmaci. Alla base di questo approccio “tagliato con il coltello” c’è l’idea preconcetta dell’allattamento al seno come evento stressante, e la sottovalutazione, d’altra parte, dei rischi legati a una brusca interruzione della lattazione: lo stress di dover accudire il neonato con la preparazione quotidiana dei biberon, gestendo le eventuali reazioni negative di quest’ultimo all’allattamento artificiale; i rischi di ingorgo e mastite per la donna, e un possibile aggravamento della depressione sia a causa del senso di fallimento, sia per la brusca caduta degli ormoni della lattazione e del loro effetto calmante. Quali riferimenti? Un’ulteriore difficoltà per l’operatore che deve prendere decisioni riguardo a questo complesso capitolo dell’assistenza alla puerpera risiede nella difficoltà a reperire fonti affidabili e indipendenti in base alle quali valutare l’appropriatezza e la sicurezza di uno psicofarmaco durante la lattazione. Le informazioni disponibili, infatti, sono molto spesso fornite dalle stesse aziende produttrici del farmaco e pertanto presentano un approccio “cautelativo-difensivo”, basato cioè sull’obiettivo di sollevare l’azienda da qualsiasi responsabilità, più che da quello di offrire dati clinici basati sull’evidenza. Il documento accompagnatorio del farmaco nell’80 per cento dei casi sconsiglia infatti la somministrazione in gravidanza e in allattamento, assumendo che qualsiasi sostanza, a prescindere dalle sue caratteristiche farmacodinamiche, sia da ritenere sospetta fino ad accumulo di sufficienti dati contrari. “Frasi di scarso utilizzo”, afferma Maurizio Bonati nella presentazione del libro: “decisionale per il medico, informativo per la paziente”. Altre fonti autorevoli hanno prodotto linee guida di indubbio valore, anche se purtroppo i continui progressi della scienza farmacologica richiederebbero un aggiornamento più rapido di questi riferimenti: si pensi alla Accademia Americana dei Pediatri, o allo stesso gruppo di lavoro europeo dell’OMS. È a quest’ultimo approccio che si ispira il lavoro che ha permesso la stesura di questo libro, improntato su una rigorosa disamina delle evidenze scientifiche disponibili. Uno strumento prezioso. Questo lavoro costituisce un contributo prezioso non solo per il panorama nazionale: infatti va oltre il mero strumento di consultazione, offrendo anche una visione articolata, un approccio utile a fornire criteri di fondo grazie ai quali valutare la scelta terapeutica quando a necessitare degli psicofarmaci è una nutrice. Dopo una breve introduzione divulgativa sull’allattamento al seno, che sfata numerosi miti a riguardo, e un capitolo illustrativo sui disturbi dell’umore nel post-parto, viene presentata un’interessante panoramica epidemiologica sull’uso di psicofarmaci in allattamento sul territorio italiano, tratta dalla profonda esperienza sul campo del servizio di consulenza che l’Istituto Mario Negri offre da anni alle donne gravide e in allattamento. Vi è poi una trattazione aggiornata sulla farmacodinamica in lattazione, utile per fornire dei criteri di base nella valutazione del medico, nei casi (che costituiscono la categoria più frequente) in cui il farmaco non è ancora stato oggetto di studi specifici relativi all’uso in allattamento, e non se ne possono pertanto dichiarare n l’innocuità n i rischi potenziali. Un’ampia base di evidenza. Un vasto lavoro di ricerca è alla base del corpo di questa guida, costituito dalle schede farmacologiche: gli autori hanno effettuato una ricerca a vasto raggio per il reperimento degli studi relativi al tema, sui più noti motori di ricerca come Medline, con riesame poi di ciascuno studio. Il risultato è una vastissima mole di informazioni utili relativa a ogni psicofarmaco. Le schede, infatti, oltre ad offrire informazioni essenziali come il profilo di sicurezza, i riferimenti, le informazioni sulle forme in commercio del farmaco, gli effetti avversi segnalati, i dati in gravidanza e il rapporto latte/plasma, forniscono dati difficilmente reperibili in altre pubblicazioni analoghe, anche internazionali, come ad esempio da quanto tempo il farmaco veniva assunto nel momento in cui i dati clinici sono stati raccolti. Le schede monografiche, precedute da una pratica tabella riassuntiva, sono raggruppate alfabeticamente per gruppo di farmaci (antipsicotici, ansiolitici, antiepilettici e così via), e una serie di simboli ne rende rapida la consultazione. Conclude il testo un’utile appendice bibliografica, con dettaglio dei principali testi di consultazione sull’argomento “farmaci e lattazione”, e una serie di riferimenti utili sia all’operatore sanitario che all’utente. Uno strumento prezioso insomma di cui nel panorama italiano vi era senz’altro bisogno. 7 novembre 2007 |