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Quell’universo complesso del maltrattamento infantile

Molte delle violenze consumate contro i minori non vengono intercettate neanche dai medici di famiglia e dai pediatri e diventano evidenti quando ormai sono reiterate. Si è mai trovato nella situazione di incontrare nel suo studio un sospetto maltrattamento? Come ha affrontato il “caso”?

I primi casi di una di diagnosi che non funzionava sono arrivati presto nella vita professionale: una dermatite da papillomavirus, un eritema inspiegabile, una frattura dell’omero senza ragionevole spiegazione, una colica del lattante che dava troppo da fare. Diagnosi che non si riuscivano a incasellare con soddisfazione in una classificazione appresa durante la preparazione accademica. Una delusione interiore nel non riconoscersi più in un medico capace. E poi il sentirsi completamente nudo di fronte al bambino, colui che in me dovrebbe vedere l’unica persona che ha come primo e unico scopo quello di proteggerlo e curarlo. E allora ho iniziato a studiare il maltrattamento verso i bambini, un universo complesso, fatto di generazioni e generazioni che si tramandano la malattia, storie di dolore che non si vorrebbero mai incontrare, mai ascoltare, mai vedere.

E allora ho iniziato a studiare il maltrattamento verso i bambini, un universo complesso, fatto di generazioni e generazioni che si tramandano la malattia, storie di dolore che non si vorrebbero mai incontrare, mai ascoltare, mai vedere.

Che cosa le è mancato per sentirsi in grado di prendersene carico nel modo più efficace possibile?

Mi è mancata una preparazione accademica su questo argomento: cosa cercare, come comportarsi con la famiglia, come gestire clinicamente la situazione. Studiare e rimanere costantemente aggiornato è il primo passo per uscire da questa incapacità. Ancora: il pediatra dovrebbe trovare al suo fianco una équipe multidisciplinare preparata ad affiancarlo in questo difficile percorso: una diagnosi di maltrattamento è un atto che spesso giunge dopo un confronto con diverse figure professionali. Ma non basta, la diagnosi è solo un primo momento dell’intervento; è necessaria la presenza di una rete istituzionale che possa intervenire integrando due interventi: verso il bambino e verso la famiglia. Quindi pediatri di famiglia, équipe multidisciplinare, rete che unisca i servizi sanitari e i servizi sociali. Solo così si può curare efficacemente questa malattia cronica che ha pervaso tutta la famiglia. 

La formazione del pediatra – e di tutti gli operatori che hanno a che fare con l’infanzia – deve prevedere di affrontare questo enorme scoglio culturale e psicologico dove si infrangono anche le migliori intenzioni e preparazioni cliniche.

Spesso gli stessi bambini inviano dei segnali. Talvolta anche i genitori. Come leggerli?

Il cambiamento di umore o di comportamento di un bambino può essere un segnale, così come le frequenti richieste di visite da parte dei genitori per problemi di poco conto. Si deve lasciare sempre aperta una porticina nella nostra mente nel considerare, tra le tante, anche la possibilità che un disturbo aspecifico possa essere la spia di un abuso. Talvolta, invece, i segni del maltrattamento sono evidenti, ma anche se visti dal professionista non vengono riconosciuti; la sola ipotesi che si possa trattare di un abuso fa scattare una sorta di difesa interiore che si attua con il meccanismo della negazione, della rimozione o del distanziamento emotivo. Quello che può fare il medico è lavorare su sé stesso, comprendere quelle resistenze interiori che non gli permettono di vedere o di sospettare una diagnosi scomoda e dolorosa, di accettare l’idea, inconcepibile per il pediatra, di genitori o parenti stretti che fanno del male volontariamente ai loro bambini. La formazione del pediatra – e di tutti gli operatori che hanno a che fare con l’infanzia – deve prevedere di affrontare questo enorme scoglio culturale e psicologico dove si infrangono anche le migliori intenzioni e preparazioni cliniche. Nel manuale che abbiamo curato, Maltrattamento all’infanzia, abbiamo affrontato anche questo problema da diversi punti di vista attingendo da una vasta letteratura scientifica. 

Una società matura dovrebbe affrontare questo drammatica realtà proprio per tutelare la famiglia.  Spesso sono le leggi che iniziano a fare cultura ed è necessario ed urgente in Italia un ordinamento legislativo che affronti in modo organico la protezione, la prevenzione e la promozione dell’infanzia.

Quali le carenze maggiori per la presa in carico e anche per la prevenzione del maltrattamento sui minori?

In Italia manca una cultura del maltrattamento, un argomento evitato dalla politica e talvolta urlato – e spesso distorto – dai mezzi di informazione. Si evita di parlarne anche nel timore di fare del male alla famiglia, con la preoccupazione che così facendo si favorisca la sua disgregazione. Una società matura dovrebbe affrontare questo drammatica realtà proprio per tutelare la famiglia.  Spesso sono le leggi che iniziano a fare cultura ed è necessario ed urgente in Italia un ordinamento legislativo che affronti in modo organico la protezione, la prevenzione e la promozione dell’infanzia. Un primo passo è stato fatto con l’approvazione della mozione parlamentare finalizzata alla realizzazione di un Piano nazionale per l’infanzia all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza; non a caso uno dei principali promotori all’interno dell’intergruppo parlamentare Infanzia e adolescenza è stato Paolo Siani, un pediatra che si è sempre adoperato in queste battaglie. Adesso ci servono le leggi attuative che pongano il bambino al primo posto negli interessi della comunità. Abbiamo necessità di un obbligo formativo sul maltrattamento per i professionisti dell’infanzia, dobbiamo costruire e diffondere programmi di sostegno alla genitorialità, migliorare l’accoglienza dei bambini negli asili nido, una formidabile istituzione educativa a fianco delle famiglie e della comunità.

Qual è la situazione in Italia?

È appena stata pubblicata la seconda Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia condotta da Terre del Hommes e CISMAI per l’Autorità garante dell’infanzia e adolescenza, relativa ai dati relativa al 2018: 9 bambini su 1000 sono seguiti dai servizi sociali per maltrattamento. Se consideriamo che i bambini maltrattati riconosciuti sono un decimo circa dei casi effettivi possiamo dire che siamo di fronte a una pandemia dove la maggior parte degli ammalati sono nascosti e per la quale ancor oggi non abbiamo a disposizione un vaccino. In questa indagine sono presenti tutte le forma di abuso: patologia delle cure, violenza assistita, maltrattamento psicologico, maltrattamento fisico e abuso sessuale. Il maltrattamento è nella stragrande maggioranza dei casi (91,4%) intrafamiliare, un ambiente che dovrebbe essere ben conosciuto dal pediatra di famiglia il quale, invece, ha segnalato incredibilmente solo l’1,4% dei casi in carico ai servizi. Sono numeri che non chiedono una riflessione, ma un’azione da parte dei decisori politici e delle società scientifiche pediatriche.

Una comunità consapevole e motivata può essere di aiuto nella promozione di questi importanti interventi di tutela e di promozione del bambino che in Italia, a differenza di altri paesi occidentali, mancano.

Nella premessa del vostro manuale Paolo Siani scrive che al pediatra viene chiesto di impegnarsi anche per la promozione di una legislazione che protegga e sostenga il bambino nel suo sviluppo. Cosa l’ha spinta a curare questo manuale, il primo dedicato al maltrattamento sui minori pubblicato in Italia?
In primo luogo il desiderio di avere un ausilio da tenere sulla scrivania e da consultare in caso di dubbio. Mi è molto mancato questo libro nei primi anni di attività, insomma un’esigenza personale. Poi la convinzione di fare un servizio utile a tutti i pediatri: trovare in un unico volume tutte le problematiche del maltrattamento, dalla rilevazione dei sintomi e dei segni, alla segnalazione all’autorità giudiziaria, i modelli causali, le conseguenze biologiche dell’abuso, le emozioni degli operatori e così via, con l’obiettivo di sostenere la motivazione del professionista verso questa malattia grave e molto diffusa. Infine, questo manuale vuole essere un sostegno a tutte quelle iniziative culturali e legislative verso una nuova politica rivolta all’infanzia. Recentemente è stata depositata la proposta di legge “Disposizioni per la prevenzione del maltrattamento dei minori” a cura dell’Intergruppo parlamentare Infanzia e adolescenza, di cui Paolo Siani e Paolo Lattanzio sono i coordinatori. Una comunità consapevole e motivata può essere di aiuto nella promozione di questi importanti interventi di tutela e di promozione del bambino che in Italia, a differenza di altri paesi occidentali, mancano. Desidero ricordare le altre curatrici del volume: senza il generoso impegno e la tenacia di Carla Berardi, Maria Grazia Apollonio e Alessandra Paglino che si sono affiancate a me nella realizzazione di quest’opera, questo manuale non avrebbe visto la luce.

Per concludere una domanda alla quale non vorrebbe dover rispondere e una domanda invece alla quale le piacerebbe poter rispondere…

“Ti sei voltato dall’altra parte quando il bambino chiedeva aiuto?”. Ecco, questa è la domanda che mi faccio a fine ambulatorio, se ho meritato la fiducia del bambino, se mi sono reso garante della sua protezione. Nel modo in cui rispondo c’è anche la risposta alla sua domanda.

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