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Sembra facile. Lo è
Preparare un corso FAD è facile o difficile?
T. Nell’esperienza di Bari si trattava di un target di riferimento piuttosto piccolo, questo ci ha permesso di seguire le persone facilmente. I problemi possono nascere quando si tratta di migliaia di persone è l’informazione si muove solo in una direzione, cioè in uscita. In quel caso diventa difficile interagire con le persone ed avere un feedback sul modo in cui l’informazione viene recepita che permetta di tenere sotto controllo due possibili effetti negativi:
1. l’informazione che non arriva a destinazione;
2. il messaggio che non viene capito.
Il numero relativamente piccolo di partecipanti, nel nostro caso, ci ha permesso un ampio scambio d’informazione durante lo svolgimento del corso in modo da chiarire ogni dubbio in tempo reale.
L. Il problema dei corsi a distanza risiede nelle tecniche didattiche che sono ovviamente diverse da quelle adottate in un corso classico in aula. Sicuramente la verifica dell’apprendimento è importante. Nella nostra personale esperienza abbiamo incontrato infatti la necessità di valutarlo. Perciò alla fine del primo corso abbiamo messo in atto una serie di valutazioni – frequenze alle chat settimanali, quiz di verifica, esame finale – dalle quali abbiamo riscontrato un buon apprendimento, quasi paragonabile a quello di un corso residenziale, nei partecipanti che avevano seguito assiduamente le “lezioni”. Questo ci ha incoraggiato a ripetere il corso anche negli anni successivi.
Epidemiologia facile. Perché questo titolo?
T. Di epidemiologia si occupano diverse figure non necessariamente coinvolte nella sanità; si tratta infatti di medici, statistici o biologi. Nonostante ciò non esiste ancora come disciplina nel curriculum formativo di nessuna di queste figure professionali. Nel campo della medicina, ad esempio, l’epidemiologo è colui che fa l’epidemiologia praticamente. Inoltre gli elementi di epidemiologia inseriti all’interno dei corsi di laurea sono brevi e insufficienti per dare un’idea di base dello strumento scientifico che essa rappresenta. Poi, però, alla fine del corso di laurea ci si trova a fare i conti con il metodo dell’epidemiologia per leggere gli articoli scientifici o disegnare gli studi e il primo impatto può sembrare ostico. Al pregiudizio sulla difficoltà, si aggiunge il fatto che non esistono punti di riferimento. Da qui nasce l’idea del libro – figlio del corso di perfezionamento a distanza – con lo scopo di offrire i concetti di base per un primo approccio all’epidemiologia.
L. Un titolo abbastanza provocatorio. Aggiungere la parola facile accanto all’epidemiologia vuole essere un tentativo di tranquillizzare il nostro lettore. Spesso l’epidemiologia viene associata infatti alla statistica, una disciplina ostica fatta di proposizione logiche, formule e calcoli. Noi invece abbiamo voluto impostare un corso di epidemiologia “facile” che permetta a chiunque di avvicinarsi a questa materia, anche se a digiuno di matematica, e di capire essenzialmente qual è il ragionamento epidemiologico da adottare nella gestione dei problemi di sanità pubblica. Già alle prime pagine, il libro appare semplice e familiare, e punta alla massima comunicabilità. L’interfaccia è piuttosto amichevole con un breve sommario all’inizio di ogni capitolo e inoltre dei richiami a margine che sintetizzano i contenuti delle pagine. L’iconografia è volutamente sobria; il numero delle formule matematiche ridotte al minimo essenziale.
Perché allegare un Cd al libro?
T. Il supporto multimediale ha una funzione pratica e deve permette di guardare rapidamente al contenuto: un ruolo complementare rispetto ad un libro di testo. Un prodotto multimediale, inoltre, non ha bisogno di essere sofisticato per essere penetrante, anzi spesso si spendono ore di discussione per decidere in che modo ridurre al massimo la presentazione multimediale: standardizzata da regole che riguardano messaggi, colori, caratteri. Tutto è volto ad eliminare le complicazioni degli effetti speciali. Suoni, animazioni ed effetti di ogni tipo aggiungono ben poco alla concretezza del messaggio. Analogamente, libri e lettura sono irrinunciabili – questo non solo nell’ambito della medicina – e mi resta difficile credere che siamo in un momento in cui si possa rinunciare alla carta.
L. Il problema dei corsi a distanza risiede nelle tecniche didattiche che sono ovviamente diverse da quelle adottate in un corso classico in aula. Sicuramente la verifica dell’apprendimento è importante. Nella nostra personale esperienza abbiamo incontrato infatti la necessità di valutarlo. Perciò alla fine del primo corso abbiamo messo in atto una serie di valutazioni – frequenze alle chat settimanali, quiz di verifica, esame finale – dalle quali abbiamo riscontrato un buon apprendimento, quasi paragonabile a quello di un corso residenziale, nei partecipanti che avevano seguito assiduamente le “lezioni”. Questo ci ha incoraggiato a ripetere il corso anche negli anni successivi.
Il valore di PowerPoint in un manuale di epidemiologia. Superfluo o indispensabile?
T. Utile sia per chi vuole imparare e, quindi, può scorrere la presentazione in PowerPoint e poi leggere attentamente il libro (e viceversa), sia per chi fa formazione. Un altro uso del materiale multimediale è destinato ai docenti: una sorta di scambio di materiale tra colleghi. L’idea è stata quella di fornire una presentazione aperta che potesse essere utilizzata dai docenti, ed eventualmente modificata, per la formazione.
L. Indispensabile, soprattutto per un docente che pensa di adottare questo manuale in un corso normale. Infatti, il docente può organizzare la lezione con le diapositive in PowerPoint di Epidemiologia facile, magari modificandole a piacere (aggiungendo qualcosa di suo per utilizzare direttamente nel suo corso). E se segue l’impostazione che è stata data, faciliterà l’apprendimento allo studente che troverà le stesse diapositive commentate sul Cd e lo stesso discorso logico nel testo scritto.
Meglio PowerPoint con gli effetti speciali o minimalista?
T. Nonostante la forte tentazione di andare nella direzione dell’abbondanza di effetti speciali, l’esperienza mi insegna che un uso austero e liberale funziona bene dal punto di vista della comunicazione.
L. Nessun effetto speciale! Servirebbe solo a distrarre lo studente. Personalmente l’unico effetto che userei è la comparsa a scorrimento del testo quando si tratta di elenchi puntati. Quello che è importante è il contenuto e la struttura la diapositiva, la grafica non deve essere troppo carica. Ci sono degli accorgimenti che il docente dovrebbe seguire per ottenere un buon impatto didattico visivo con il PowerPoint.
Superfluo il docente?
T. Non nel nostro caso. Durante il corso, ad esempio, abbiamo svolto un ruolo di tutor nei confronti dei partecipanti. L’interazione tra studenti e docenti si svolgeva fuori orario, spesso di sera, con uno strumento molto semplice: un server per chat. Sono state create una serie di sessioni tematiche durante le quali si discuteva degli esercizi proposti, delle lezioni e, soprattutto, di come applicare le cose apprese alla pratica quotidiana.
L. Assolutamente no. La figura del tutor e del docente è sempre importante. Anche nel nostro corso di formazione a distanza insieme al materiale elettronico (diapositive, test di verifica ed esercitazioni) erano stati previsti degli incontri settimanali con la chat insieme a canali di comunicazione via mail per garantire all’utente un colloquio diretto con il tutor. Infatti, per quanto semplice sia l’approccio didattico, ci possono essere qualche passaggio buio e qualcosa che non è stato capito. Nelle verifiche di apprendimento dei nostri corsi a distanza abbiamo verificato che quanto più gli studenti frequentavano le chat tanto maggiore era l’apprendimento.
A cosa serve l’epidemiologia a un medico?
T. Se si pensa alla larga diffusione che ha avuto l’Evidence Based Medicine nel nostro paese, si può semplicemente ricordare che in realtà l’EBM è epidemiologia. Se i principi fondamentali dell’epidemiologia non sono noti al professionista della sanità è impossibile per lui prendere qualsiasi decisione in campo clinico o leggere in modo critico le comunicazioni scientifiche. Conoscere gli elementi fondamentali della disciplina è, infatti, indispensabile per orientarsi e capire dove stanno i condizionamenti nella ricerca e nella pratica clinica. In fondo l’epidemiologia è puro buon senso con il supporto dei numeri.
L. L’epidemiologia come base culturale del medico è fondamentale. Innanzitutto può leggere con spirito critico le informazioni epidemiologiche dalle pubblicazione. Capire se lo studio è stato impostato e condotto in modo corretto può essere molto utile al medico che in qualche modo deve fare fronte all’informazione delle case farmaceutiche. Inoltre alcuni concetti epidemiologici sono importanti nella pratica quotidiana del medico. Ad esempio, se la cultura epidemiologica fosse stata più capillarmente diffusa nella classe medica italiana, il caso Di Bella non si sarebbe mai verificato. Non dimentichiamo che con questo caso in Italia abbiamo buttato via diversi miliardi e tanta gente è stata falsamente illusa di poter guarire da una malattia incurabile. In un paese anglosassone dove la cultura epidemiologica è più diffusa un caso analogo non si sarebbe mai verificato.
L’epidemiologo: più medico o più statistico?
T. È proprio questa la difficoltà del primo approccio con l’epidemiologia: molti la sovrappongono alla statistica credendo che richieda una profonda conoscenza della matematica. Si tratta, piuttosto, di una disciplina che poggia su un metodo, in cui alcune cose devono essere molto semplici: più sono semplici più essa è efficace. In altre parole, se l’epidemiologia difficile non è indispensabile, quella facile si. Nella costruzione di uno studio, infatti, è la sequenza dei pensieri ad essere determinante deve sottostare ad una logica stringente.
L. Personalmente mi sento più medico. Confesso che la statistica non la conosco un granché. In uno studio epidemiologico confluiscono le competenze dell’epidemiologo per l’impostazione dello studio e dello statistico per un’analisi raffinata dei dati. L’epidemiologo quando deve impostare uno studio ascolta attentamente quello che gli viene detto dai clinici e, raccolti i dati, deve consultare lo statistico per sapere come meglio analizzarli.
Come è diventato epidemiologo?
T. La mia storia è legata alla famiglia Greco, la mia formazione è avvenuta con loro e prevalentemente sul campo. È iniziata durante la specializzazione in pediatria a Napoli dove ho lavorato con Luigi Greco sull’epidemiologia; successivamente con Donato, direttore del laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità. Entrambi avevano un significativo curriculum formativo di epidemiologia, costruito durante un lungo soggiorno in Inghilterra. Ho completato il mio iter con un periodo di formazione all’estero. Oggi anche in Italia cominciano ad emergere alcune offerte formative, ma non era così nel passato.
L. Quando ho fatto l’università non ho studiato l’epidemiologia perché allora il programma universitario non prevedeva un esame di metodologia epidemiologica, ma solo alcuni cenni nel corso di igiene. La formazione vera e propria è venuta nella fase post-laurea con la specializzazione in Igiene e soprattutto con i corsi di formazione dell’Istituto Superiore di Sanità. Ma sicuramente ho imparato molto con la pratica e l’esperienza: facendo studi epidemiologici e collaborando con il colleghi primi fra tutti il professor Tozzi che per tante cose è stato anche mio maestro oltre che collega. Mi hanno insegnato molto anche Donato Greco e Stefania Salmaso.
Internet come spazio condiviso dove realizzare uno studio epidemiologico: pro e contro.
T. Esiste una vivace discussione su questo approccio in epidemiologia ed un generale scetticismo, per una ragione semplice: l’accesso ad Internet seleziona un certo numero di persone con caratteristiche particolari e questo impedisce di generalizzare i risultati alla popolazione generale. Resta possibile fare degli studi epidemiologici dove la generalizzazione non è interessante. Un altro aspetto delicato è quello della privacy. L’atteggiamento della comunità europea nei confronti della riservatezza è molto rigido e, in questo modo, il rischio sarebbe di vedere reclutati solo i pazienti che autorizzano al trattamento dei propri dati; questo stabilisce una selezione molto pesante sulla realtà del territorio. Tuttavia Internet ha una valenza per quanto riguarda il trattamento dei dati: è difficile immaginare oggi uno studio internazionale e multicentrico che non abbia un database in rete. Dove ci sono tante persone a partecipare che devono essere avvicinate la rete è lo strumento più adatto. Gli strumenti tecnologici a disposizione, inoltre, hanno permesso di fare grossi passi avanti nell’aggiornare in tempo reale i dati e nel demandare tutto il lavoro di inserimento dei dati al centro periferico.
L. Se consideriamo Internet per quello che è, cioè uno strumento, possiamo soltanto dire che l’epidemiologia dispone di uno strumento in più che facilita il lavoro e accelera i tempi. Per esempio rispetto a pochi anni fa quando per comunicare dovevamo usare il fax e la posta o addirittura dovevamo spostarci per fare una riunione, oggi giorno gli scambi di informazione sono facilitati e velocizzati grazie alla rete. Inoltre gli studi di epidemiologia vengono facilitati dalla possibilità di fare un data-entry online, cioè di inserire dei dati a distanza in tempo reale che vengono raccolti su un server, una banca dati, centrali.