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Un web sociale per i malati
Un web sociale per i malati |
Intervista ad Andrea Paltrinieri, Università di Parma, dirigente responsabile dell’Ufficio Marketing Sociale degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna, coautore di "Le associazioni di malati nel web". |
![]() Le associazioni di “malati”, o di “pazienti” come anche si dice, sono un fenomeno particolarmente rilevante, ma che in genere rimane in ombra quando si parla della sanità. Sono un fenomeno rilevante, innanzitutto, dal punto di vista quantitativo. Nei lavori preparatori del libro abbiamo censito 340 associazioni di malati (172 delle quali dotate di un sito web e quindi presentate nella guida), molte delle quali nate nell’ultimo decennio. È questo un fenomeno comune agli altri paesi del mondo occidentale: USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, ecc. Ma oltre al dato quantitativo, vi sono altri aspetti di rilevanza. Quali? Il forte impegno di molte di queste associazioni nella raccolta fondi per la ricerca scientifica in campo biomedico. Il fatto che molte associazioni sono sorte per promuovere la “lotta” ad una malattia rara, contribuendo a richiamare l’attenzione dei policy maker su questo fenomeno e sulla situazione di malati spesso “orfani” di attenzione e cure. Il grande impegno per migliorare l’assistenza e per garantire una migliore qualità della vita a persone affette da malattie invalidanti, spesso croniche o dagli esiti oggi letali. In molti casi, inoltre, esse nascono in collaborazione o su impulso di medici e sono quindi molto spesso una risorsa preziosa per le strutture ospedaliere ed i servizi sanitari. Questi ed altri motivi inducono a prestare maggiore attenzione a queste associazioni. E a dare una maggiore visibilità… Certamente. D’altro canto molte di queste associazioni sono attivamente impegnate ad ampliare le proprie attività, ad acquistare maggiore visibilità, a far crescere la base sociale ed il numero dei sostenitori – tutte attività che beneficiano di Internet. Non è pertanto un caso che poco più del 50% di tali associazioni, spesso anche di piccole dimensioni e non certo provviste di grandi mezzi, si sono dotate di un sito web tramite cui presentarsi, fare informazione sanitaria, erogare servizi. Il libro vuole dunque offrire una rassegna di questo fenomeno ed una presentazione dei siti di queste associazioni, nella consapevolezza che, almeno per certe patologie, esse costituiscono un importante dispositivo sociale di diffusione dell’informazione, di orientamento e di sostegno sociale. Sempre più il cittadino è alla ricerca di informazioni mediche e sanitarie. Che tipo di informazioni il cittadino cerca nei siti web delle associazioni di malati? E che tipo di informazioni (invece) trova? In un rapporto di ricerca di alcuni anni fa, redatto per la California Healthcare Foundation, si trovava un primo tentativo di “tipologizzare” gli utilizzatori di Internet per fini sanitari, distinguendoli tra “sani”, “neo-diagnosticati” e “malati cronici”. In modo convincente, tale rapporto tratteggiava un profilo differenziato per ciascuna categoria dal punto di vista dei bisogni informativi e di servizi e dei relativi comportamenti di ricerca su Internet. Sapendo dunque di compiere una forte semplificazione si può affermare che al momento della diagnosi è forte sia il bisogno di comprensione della malattia (il suo decorso, i possibili trattamenti, ecc.), sia il bisogno di orientamento rispetto ai servizi (quale specialista o quale struttura offre maggiori garanzie, maggiori chances di successo, ecc.). Queste sono dunque le informazioni generalmente ricercate su Internet. Le condizioni di cronicità aggiungono ulteriori fabbisogni che si traducono in un utilizzo di Internet non solo prolungato nel tempo, ma anche diverso rispetto ai contenuti. La cronicità implica una convivenza con la malattia nel lungo periodo, porta ad enfatizzare il tema della qualità della vita, dell’interazione frequente con i servizi sanitari, ma anche a ridisegnare l’identità sociale del soggetto e, dunque, promuove la costituzione di nuove aggregazioni sociali, basate sulla condivisione di un’analoga condizione. Quindi Internet diventa un canale di comunicazione per allacciare delle relazioni con altri pazienti e con i professionisti della salute? In questo caso Internet offre l’opportunità non solo di mantenersi aggiornati sulle possibilità di trattamento, ma anche di costruire nuove relazioni sociali o di mantenere, pur in una situazione di distanza spaziale, relazioni costruite in occasione di incontri faccia-a-faccia (ad esempio, un ricovero). Più in generale possiamo dire che sta crescendo il bisogno di avere informazioni non solo sulla malattia, ma anche su come gestirla, su come gestire al meglio il rapporto con i professionisti ed i servizi sanitari, su come garantirsi una qualità della vita più alta possibile anche nella nuova condizione. E queste sono proprio le informazioni che molti siti web di associazioni di malati offrono. Non è un caso, questo. È invece la conseguenza di una competenza accumulata nella vita offline e che possiamo richiamare con l’immagine del “viaggio” – the patient journey. Ci può spiegare meglio il patient journey? Lo sperimentare la malattia su di s (o sui propri cari) accresce la consapevolezza degli aspetti “critici”, innanzitutto dal punto di vista informativo, del percorso diagnosi-cura. È un aspetto che i “sani” – e i siti web da questi realizzati, medici o altri – tendono spesso a trascurare. Diversi sono gli esempi di una accresciuta consapevolezza indotta da questo cambio di status – da professionista della sanità a “malato”. Qui mi piace ricordare il resoconto dell’esperienza di Vicky Clement-Jones, donna, medico e fondatrice dell’associazione inglese CancerBACUP, morta di tumore, ed il film The Doctor (USA 1991, uscito in italiano con il titolo Un medico, un uomo), con un bravissimo William Hurt. Le associazioni per malati come usano internet? Possiamo dire che la maggior parte di questi siti non sfigura se confrontato con siti di organizzazioni assai più dotate di risorse. Oltre la metà (il 57%) dei 172 siti web analizzati nel libro evidenzia una buona ricchezza informativa, mentre solo una percentuale di poco inferiore (45%) risulta dotata di una buona organizzazione dei contenuti e di una certa cura estetica e funzionale. Questi dati vanno letti sapendo che un certo numero di tali associazioni sono relative a malattie rare, e perciò risultano in genere di piccole o piccolissime dimensioni. Per questo hanno, in genere, maggiori difficoltà nel garantire servizi evoluti via web, anche se non mancano esempi estremamente positivi anche tra queste piccole realtà. È tuttavia confortante vedere che i siti web delle associazioni di malati “escono bene” dall’ultima indagine Censis. Dal “Forum per la ricerca biomedica” sull’informazione sanitaria via web, risulta, ad esempio, che i siti web delle associazioni di malati occupano il primo posto per l’affidabilità delle informazioni e per varietà dei contenuti. E come (invece) vorrebbero utilizzarlo? Rispondere a questo secondo interrogativo è certamente più difficile rispondere. Certamente emerge un problema di risorse, sia economiche che professionali (tecnici in grado di realizzare servizi web al contempo “di richiamo” ed efficaci), ed anche una non piena consapevolezza delle opportunità di un uso evoluto di Internet. Nella vostra introduzione al libro, sottolineate la coerenza tra i potenziali servizi informativi delle associazioni e i bisogni informativi degli ammalati e dei parenti. Ci può spiegare meglio? Vi è innanzitutto un dato “strutturale” che deve essere considerato. Le associazioni di malati sono in genere specializzate su una specifica patologia. Coerentemente con tale specializzazione associativa, anche i siti web delle associazioni di malati sono focalizzati sulla specifica patologia di riferimento. Già solo questo fatto rende tali siti coerenti con i bisogni dei pazienti che, diversamente dai medici, non sono interessati alla medicina in generale, od anche ad una specifica disciplina. Sono interessati invece ad una data malattia – e solo a quella. E tuttavia, rispetto a quella malattia, hanno bisogni informativi che travalicano il confine di un sapere strettamente medico. Si tratta di bisogni informativi più “pratici”, di sostegno e supporto? I pazienti affetti da certe malattie sono interessati, ad esempio, ad informazioni su come mantenere un livello di qualità della vita soddisfacente nonostante la malattia – un fatto che può richiedere informazioni su ausili, protesi, oppure come rendere socialmente accettabile la nuova condizione, come mantenere l’attività lavorativa, ecc. Oppure sono interessati a confrontare le loro esperienze di trattamento, gli effetti collaterali, l’efficacia dei trattamenti farmacologici. Oppure ancora sono alla ricerca di informazioni su centri specialistici per la patologia o medici particolarmente competenti. Queste attività, che contraddistinguono la vita associativa offline, vengono ribaltate online e consentono a tali siti di esibire un profilo delle informazioni e dei servizi assolutamente unico e, in molti casi, più rispondente alle esigenze complessive del paziente. E questo vale per tutte le associazioni che avete preso in esame? Ovviamente alcune associazioni sono più brave di altre nel (e godono di maggiori risorse per) tradurre le proprie competenze, maturate nella vita offline, in servizi online. Comunque rutte le associazione partono da questo elemento di vantaggio: di una maggiore corrispondenza con i bisogni informativi e di sostegno dei pazienti. Occorre infatti considerare – e questo è un secondo aspetto assai rilevante – che l’offerta di informazioni è spesso intrecciata con il sostegno morale e sociale, con l’incoraggiamento, con la determinazione a tenere in vita la speranza. Tutti aspetti su cui spesso mancano equivalenti funzionali all’interno dei servizi sanitari. Per concludere, le chiediamo alcune indicazioni per consultare la guida “Le associazioni di malati nel web”. Come è organizzato il volume? E come presenta i siti web raccolti? Il volume è idealmente diviso in tre parti. Innanzitutto un saggio introduttivo, in cui si presenta il fenomeno dell’associazionismo di malati e si tenta una valutazione complessiva del loro modo di utilizzo del web. Quindi c’è la guida vera e propria, ovvero la presentazione dei siti web di 172 associazioni, con una appendice per illustrare alcune (limitate) esperienze straniere. Per semplificare la presentazione, è stato introdotto un semplice apparato di icone, così da descrivere in modo più immediato gli aspetti salienti di ogni singolo sito. Quindi, una parte conclusiva dedicata alle “risorse web”, ovvero a quei siti web che presentano elenchi di associazioni o comunque materiali utili per chi voglia conoscere meglio queste realtà.
27 luglio 2005 |