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Una rilettura critica della psichiatria
Una rilettura critica della psichiatria |
Michele Tansella, Direttore del Dipartimento Interaziendale per la Salute Mentale di Verona e del WHO Collaborating Centre for Research and Training in Mental Health and Service Evaluation, Università di Verona, su Psichiatria epidemiologica. Pubblicato su Va’ Pensiero n° 547. |
![]() Mi consenta innanzitutto di sottolineare che il titolo del volume è “Psichiatria epidemiologica”. Non a caso ho scelto il titolo psichiatria epidemiologica e non epidemiologia psichiatrica. Preferisco infatti la prima espressione (che fa riferimento ad un approccio generale e non rinunciabile alla psichiatria) piuttosto che la seconda, che fa pensare invece a specifici metodi di indagine, a tecniche di analisi statistica, da utilizzare nel settore specifico psichiatrico. In risposta alla sua domanda devo dire che riflettere e osservare criticamente il passato, per capire meglio il presente, è essenziale, nella ricerca come nella pratica clinica. I tempi di riflessione dovrebbero anzi essere allargati e valorizzati. Noi sottolineiamo questa esigenza ogni giorno, con gli specialisti in formazione che frequentano la Scuola di Specializzazione in psichiatria di Verona. Spesso molti errori si compiono non perché non si sappia, ma perché non si riflette su ciò che si sa, su quello che è successo, che si è già fatto, per scegliere cosa fare e per adattare le conoscenze alle situazioni contingenti da affrontare. Ripeto, nella pratica clinica oltre che nella ricerca scientifica. A conti fatti considera che la psichiatria debba proseguire nella stessa strada o che sia arrivato il momento di cambiare rotta? La psichiatria non ha mai seguito una sola strada, ma molte strade, alcune parallele, altre divergenti, che sono state scelte e percorse a seconda delle preferenze, della moda del momento, dell’appartenenza ad un gruppo piuttosto che ad un altro. Ma come succede talora percorrendo i sentieri di montagna, poi spesso ci si è ritrovati nello stesso posto, dopo percorsi più o meno lunghi, a seconda del sentiero scelto. Ora bisognerebbe sollevarsi da terra, per guardare il territorio dall’alto e considerare i vari percorsi, le varie strade in modo integrato e decidere qual è quella migliore per arrivare alla meta. Per me la meta è costruire un sistema assistenziale ispirato ai principi della sanità pubblica, che mantenga bene al centro gli interessi, le opinioni, le aspettative, le scelte del paziente. Che tenga forti i legami della psichiatria con il resto della medicina. La psichiatria infatti è parte della medicina, ma della medicina psicologica e sociale. Quali progressi sono stati raggiunti per la cura e assistenza delle persone con malattia mentale in questo ultimo decennio? In questo volume cerco di convincere il lettore che i progressi principali degli ultimi 10 anni si devono allo sviluppo di interventi psicosociali di provata efficacia, che sono andati ad integrare l’uso razionale di farmaci. Nessuno nuovo psicofarmaco, purtroppo, è stato introdotto sul mercato, anche se alcune sostanze vengono impropriamente definite “nuove”. Si è capito, inoltre, che assai importante è l’organizzazione del sistema di cura messo in piedi in ciascun’area. Un’organizzazione che assicuri interventi pronti, non sovrapposti, non contraddittori, che garantisca la presa in carico e la continuità terapeutica, che promuova il miglioramento della qualità di vita e la soddisfazione dei bisogni indicati dai pazienti stessi, oltre che il miglioramento dei sintomi. Un nodo cruciale in Sanità è l’educazione alla salute e la preparazione degli operatori sanitari. Quali le criticità? Come dovrebbe cambiare la formazione di “nuovi” specialisti di psichiatri e psicologi nel nostro Paese? La formazione deve essere basata sulle conoscenze scientifiche, sui risultati della ricerca, sulla pratica clinica fondata sulle evidenze scientifiche (biologiche, psicosociali e prodotte dall’health service research). Una pratica che consenta di fornire a sua volta alla ricerca nuove idee e nuove ipotesi da testare, che promuova cioè una ricerca scientifica basata sulla pratica clinica. |