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Nostalgico triestino

Può dire di avere avuto un Maestro?

Sì, due: il signor Giuseppe Clerico, tecnico di istologia, e il professor Giovanni Felice Azzone, patologo generale, ambedue dell’Università di Padova.

Ha passato periodi di studi all’estero dopo la laurea?

Sì, al Courtauld Institute of Biochemistry, annesso al Central Middlesex Hospital di Londra, per 6 mesi.

Qual è la parte della suo lavoro più gratificante? E quella più noiosa?

Mi piace quasi tutto ciò che faccio, tranne la correzione della bibliografia e i rapporti del tutto inutili con i dirigenti dell’amministrazione (quando non li potevo evitare!).

In tempi di clinical governance un’affermazione del genere può sembrare inattuale: quali presupposti dovrebbero far dialogare medici e dirigenti sanitari?

Il senso civico per il quale non mi sembra che di questi tempi la popolazione italica stia dando esempi entusiasmanti.

Quale commento di un referee ricorda con particolare simpatia?

Almeno più gratificante per me, se non memorabile, quello di Morton Grossman che mi scrisse: “Giorgio, be always so short, so simple and so clear”.

Quanto impiega ad andare al lavoro?

Pochissimo, e spesso lavoro in casa.

Lavorando in casa, sente la mancanza di un rapporto quotidiano con colleghi amici?

No, perché in realtà continuo ad averlo e per di più con interlocutori selezionati e affidabili, invece che inevitabili…

Cosa ha appeso alle poche pareti del suo studio libere da libri e periodici?

“Guernica” di Picasso, e “Lezione di Anatomia del dottor Tulp” di Rembrandt. Naturalmente sono delle copie!

Qual è il suo più grande rammarico?

Non disporre della lingua inglese così perfettamente come del dialetto triestino dove sono fortissimo.

Ha delle paure nascoste?

Di aver danneggiato qualcuno involontariamente. Ma sono paure molto sporadiche, non angoscianti.

Il compleanno più bello?

Forse il cinquantesimo, perché era ancora viva mia madre.

C’è qualcosa a cui non rinuncerebbe? E qualcosa a cui vorrebbe rinunciare?

Non rinuncerei agli affetti né alla lettura. Rinuncerei ai condizionamenti, ma credo di averne pochi.

A questo riguardo, alcuni dicono che ad una certa età si è più sereni nel manifestare liberamente il proprio pensiero: le sembra sia davvero così?

Per quanto mi riguarda, certamente sì.

Una cosa che la appassiona?

La vita e il suo mistero, la scienza, i sentimenti forti in generale, la gente con cui si riesce a comunicare.

In cucina preferisce stare al tavolo o ai fornelli?

Senza dubbio alcuno al tavolo, anche perché mia moglie cucina benissimo.

Ma a casa Dobrilla cucina tirolese o veneta?

Tirolese per 30 per cento e veneta per il 70 per cento. I vini? 50 e 50.

Si mangia per sopravvivere o per godere?

Per tutte e due le cose.

Qual è la prima pagina che guarda sul giornale?

La prima, naturalmente, ma cerco di non fermarmi lì.

La televisione serve a guardare…

Pochissime cose, per il poco tempo mio e soprattutto per la malinconia assoluta di ciò che ci propinano.

Chi le telefona più spesso?

Gli amici più cari o comunque le persone cui mi lega un reciproco rapporto di stima.

Il momento migliore della giornata: l’alba o il tramonto?

Fa lo stesso: compatibilmente con le magagne, mi sveglio già con la voglia di fare molte cose.

E il miglior giorno della settimana?

Variabile. Quello in cui mi sembra di aver fatto al meglio le cose progettate.

La prima cosa che farebbe se fosse Ministro della Salute?

Cambierei le indecenti regole concorsuali per primariati e cattedre ed eviterei di raccontar balle ai cittadini. Non sopporto la teorica valorizzazione della prevenzione e il vergognoso allungarsi delle liste di attesa.

Cosa intende con “valorizzazione teorica” della prevenzione?

La campagna circa il valore della prevenzione, vedi per il cancro del seno o del colon, e poi i tempi di attesa progressivamente crescenti per mammografia o endoscopia incompatibili con le raccomandazioni teoriche.

Come Ministro della Salute meglio un medico, un economista o un politico?

Un medico non iscritto a partiti politici, attento sia alla salute della gente sia alle possibilità economiche reali del Paese. Possibilmente non gravato da concomitanti impegni in università e ospedali. Ma esiste?

Il politico che inviterebbe a cena?

Un trio con cui non mi annoierei potrebbe essere formato da Bruno Tabacci, Giulietto Chiesa e Gianfranco Fini.

Come trova il tempo di scrivere e dove?

Sempre, quando posso, specialmente in casa a Bolzano o in val Sarentina.

Il computer è un alleato o un nemico?

Sicuramente un alleato insostituibile (e pensare che l’odiavo!).

Ha mai scritto una poesia? O ha mai sognato di scrivere una poesia?

Ahimè sì, una sola, a 12-13 anni. Finiva così: “Le preci degli amanti odo e spero anch’io una preghiera per me”. Romantico mitteleuropeo sin da piccolo. Ma poi, fortunatamente per gli altri, ho smesso.

E un diario?

Mai.

Quale libro ha sul comodino?

Ne ho due: “Le menzogne di Ulisse” di Piergiorgio Odifreddi, e “L’orologiaio di Everton” di Georges Simenon.

Come sceglie le sue letture?

Leggendo le recensioni in inserti attendibili o su segnalazione di amici. Mi piacerebbe molto gironzolare per le librerie, come facevo a Londra, ma nella città in cui vivo siamo messi piuttosto male.

Un libro che avrebbe voluto scrivere lei…

Forse la “Coscienza di Zeno”, del mio concittadino Italo Svevo o Ettore Schmitz, se preferisce il nome vero.

Ed uno che vorrebbe leggere, ma non è ancora stato scritto…

Un libro che insegni a distinguere molto prima di invecchiare le cose che valgono dalle banalità.

Qual è l’ultimo libro che ha regalato?

“Croce senza amore” di Heinrich Böll.

Quale musica ascolta e dove?

Il tempo è poco e non riesco a lavorare se ascolto musica. Prevalentemente musica leggera, quella doc dei Rodgers, Carmichael, Cole Porter, Kern, Gershwin, Ellington…

L’ultima volta che è andato al cinema?

“La finestra di fronte” di Ferzan Ozpetek, con un Girotti mai così bravo.

E a teatro?

Una decina d’anni fa a Sydney, per La Boheme.

Treno, auto o aereo?

Treno e auto, dopo trent’anni e più di aereo mai amato.

La vacanza più bella?

Bretagna e Castelli della Loira.

Cosa deve avere una vacanza per poterla definire “riuscita”?

Penso che si dovrebbe tornare a casa con qualcosa di più dell’abbronzatura.

La città europea più bella?

Lotta serrata tra Roma, Parigi, Barcellona e Praga.

La prima volta che giunse a Bolzano, le apparve come una città in cui poter vivere felicemente. Cosa ama della città in cui vive?

Il fatto che ha rappresentato la parte più importante della mia vita. Ed anche la straordinaria bellezza della città e della provincia intera.

Lo sport preferito?

Il tennis, cotta tardiva ma non avara di soddisfazioni: sono stato Campione Mondiale di Doppio over 65 dei medici nel 2000. Come vede sono un po’ vanitoso (ma solo per il tennis!).

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