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Nello scenario dei cambiamenti climatici del nostro pianeta non resta che essere ottimisti e cercare di rimboccarsi le maniche per prevenire ulteriori danni che ricadranno domani sui bambini di oggi. Come mai l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) ha deciso di presentarsi come promotrice di un’ecologia della pediatria dove il bambino viene posto al centro del suo mondo in sintonia con suoni, parole, ambiente e cibo?

L’ACP si è occupata dell’ambiente inteso in senso lato non solo inquinamento e ogm ma anche fattori positivi e protettivi per lo sviluppo del bambino come dimostrano chiaramente le due iniziative nate e cresciute all’interno dell’Associazione: “Nati per leggere” e “Nati per la musica”. Quindi l’ambiente in un contesto più allargato e non solo nei suoi aspetti negativi. L’importanza dell’ACP di aver creato il gruppo di “Pediatri per un mondo possibile” dove il punto centrale non è tanto l’approccio ideologico ma quello metodologico basato sulle prove di efficacia rispetto ai danni che l’ambiente con l’inquinamento può produrre sulla salute infantile.

Quale ritiene essere la principale criticità della Pediatria del duemila?

Il superamento delle disuguaglianze.

E di quella italiana?

Anche in questo caso, le disuguaglianze: fuori e dentro l’Italia. Una delle principali criticità del nostro Paese è legata alla crescita del flusso migratorio e del numero di bambini nati da genitori stranieri. Proprio a questo tema l’ACP ha dedicato un’intera sessione dell’ultimo congresso nazionale.

Negli ultimi anni sta diminuendo il numero di pediatri. Come si pone l’ACP rispetto a questo problema?

L’organizzazione delle cure in pediatria rappresenta indubbiamente una criticità della pediatria italiana. A fronte del calo demografico stiamo assistendo a un esaurimento generazionale dei pediatri che in dieci anni andranno ad esaurirsi e non saranno sostituti da nuovi pediatri perché i posti in specialità e le borse disponibili non sono sufficienti a rimpiazzare gli attuali numeri. Quindi l’ACP insieme alla SIP sta pensando ad una riorganizzazione delle cure pediatriche che risponda ai veri bisogni dei bambini e che razionalizzi l’esistente, sia in termini di reparti ospedalieri sia di assistenza territoriale, con una continuità delle cure e con un’organizzazione che pensi un percorso globale della salute del bambino e che non sia chiusa a compartimenti stagni tra territorio e ospedali – dove per territorio non intendiamo solo il pediatra di base, ma anche il distretto come unità vera e significativa.

Trova che sia cambiato il modo di essere genitori nella nostra società del benessere e della comunicazione? L’uso di internet sta cambiando il modo di essere pediatri e il rapporto dei genitori con il pediatra?

Sicuramente è cambiato. Se da un lato l’uso di internet e la facilità generale di raccogliere informazioni rappresentano un vantaggio, perché accresce la consapevolezza dei genitori,  allo stesso tempo, è anche vero che dal punto di vista comunicativo ha influenzato il modo di essere genitori. La troppa informazione può voler dire nessuna informazione e nessun controllo della qualità e, quindi, può creare confusione e innescare dei meccanismi di delega. In questi anni stiamo assistendo a un aumento del meccanismo di delega. Sono dell’idea che i genitori dovrebbero riappropriarsi delle capacità di osservare il loro bambino.

Come ha deciso di intraprendere la specializzazione in Pediatria?

Perché alla squadra universitaria di calcio della Pediatria mancava un portiere forte.

Quindi l’amore per la Pediatria è nato sul campo di pallone… Altrimenti quale specializzazione pensava di fare?

Ero orientato a una specialità di tipo internistico, anche se il mio primo amore è stata la psichiatria con la quale ho riannodato un filo con l’esperienza del counselling nella comunicazione e relazione.

Può dire di avere avuto un Maestro?

Gianni Mastella, pediatra, direttore scientifico della Fondazione Italiana per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica.

Ha trascorso periodi di studi all’estero dopo la laurea? Se sì, dove e per quanto tempo?

Un mese a Edimburgo per perfezionare il mio inglese medico. Poi, durante i due anni di mandato di presidente della Società europea di pediatria ambulatoriale sono stato richiamato all’estero più volte per valutare le varie realtà.

La maggiore soddisfazione professionale?

Il rapporto con i genitori e i bambini. La parte più bella del mio lavoro è quando i genitori passano da me per salutarmi di persona testimoniandomi che ho rappresentato qualcosa per loro.

E la più grande delusione?

Non saprei, perché sono stato sempre ottimista.

Qual è la parte della suo lavoro più gratificante?

Tutto, tranne la burocrazia.

E quella più noiosa?

La burocrazia.

Cosa ha appeso alle pareti del suo studio?

Uno schizzo fatto con il pennarello e colorato con acquarelli che mi ha disegnato Pecub, un disegnatore-fumettista francese. Durante un convegno di bronco-penumologia a Nizza, Pecub mi ha osservato e mi ha fatto una caricatura: in primo piano i miei capelli ricci, sullo sfondo giallo e blu che riprende i colori del Verona sono disegnati dei bambini che mi seguono e una scritta “Dove c’è Michele c’è salute”. Un batik dalla Tanzania, il manifesto dell’ACP e due olii stupendi eseguiti dagli alunni di quinta elementare di mia moglie Laura.

Ricordi, passioni e…

Qual è il suo più grande rammarico?

Essere interista, ma forse

Ha delle paure  nascoste?

Non che io sappia, altrimenti vuol dire che le ho nascoste molto bene…

Una lettera che non ha mai spedito?

Ho sempre scritto e spedito tutte le lettere: non ho lasciato nulla in sospeso…

Il compleanno più bello?

Tutti.

C’è qualcosa a cui non rinuncerebbe? 

L’ACP.

E qualcosa a cui vorrebbe rinunciare?

La volgarità.

 Una cosa che la appassiona?

Ho due grandi passioni: i viaggi e il vino.

In cucina preferisce stare al tavolo o ai fornelli?

A tavola.

Il suo piatto preferito?

Difficile dirlo… Dipende dal momento, dalla compagnia e dal vino in abbinamento.

Si mangia per sopravvivere o per godere?

Per sopravvivere godendo.

Il vino che porterebbe con sé… in un’isola deserta

Cru Sperss di Angelo Gaja.

Una trattoria della sua città, Verona, che ci consiglia di provare…

“I masenini” come trattoria e “Il Desco” come ristorante di alta cucina che conserva i sapori dei territori.

Curiosità

Qual è la pagina che guarda per prima sul giornale?

La prima.

La televisione serve a…

… giocare a “La ghigliottina” il gioco finale del gioco a premi “L’eredità” che va in onda  su Raiuno prima del telegiornale: si deve indovinare una parola che lega 5 parole che sono state precedentemente date dal conduttore.

Un programma televisivo che vale la pena seguire?

“Che tempo che fa”, è l’unico programma che ha riscoperto il valore della parola come dio comanda.

Chi le telefona più spesso?

Gli “ACP-ini” in genere.

Il momento migliore della giornata: l’alba o il tramonto?

Il tramonto.

E il miglior giorno della settimana?

Il sabato.

La prima cosa che farebbe se fosse Ministro della Salute?

Occuparmi seriamente dell’infanzia.

Il politico che inviterebbe a cena?

La Melandri, così unirei l’utile al dilettevole, e la Ségolène perché mi piace la pronuncia francese e la cucina francese.

Come riesce a conciliare il tempo dedicato alla cura dei capelli con la giornata lavorativa?

Bene, perché essendo riccio e brizzolato non li tingo e non li stiro.

Lettura e scrittura

Come trova il tempo di scrivere e dove?

In vacanza sul Lago di Garda; nei week-end nel mio studio.

Il computer è un alleato o un nemico?

Alleato.

Potrebbe suggerire tre libri che non dovrebbero mancare nella biblioteca di un pediatra?

“Nemesi medica” di Ivan Illich; “Salvo complicazioni” di Atul Gawande e “Nati due volte” di  Giuseppe Pontiggia.  Posso suggerirne un quarto?

Come no.

Naturalmente, il mio ultimo libro: Narrazione e prove di efficacia in pediatria!

Ha mai scritto una poesia o un diario?

No.

Un libro che avrebbe voluto scrivere lei…

“Il profumo” di Patrick Süskind,

 … e uno che vorrebbe leggere, ma non è ancora stato scritto.

Un libro di viaggi chi ricorda quelli di Bruce Chatwin, ma aggiornato ai giorni nostri.

Quale libro ha sul comodino?

“La vedova scalza” di Salvatore Niffoi.

 Qual è l’ultimo che ha regalato?

“Il cacciatore di aquiloni” di Hosseini Khaled.

Tempo libero

Il suo sport preferito?

Calcio (anche perché non esistono altri).

La sua squadra di calcio del cuore?

L’Inter.

E il suo giocatore preferito (dopo Totti)?

Roberto Baggio.

Si racconta che lei sia un bravo portiere: chi dei suoi colleghi-portieri teme di più per la conquista del pallone d’oro? 

Dei portieri Buffon, chiaramente. E dei portieri-colleghi il famoso dottor Lamberto Boranga, giocatore della Fiorentina (e non solo) degli anni Sessanta, oggi medico sportivo.

Le piace ascoltare la musica? Quale musica ascolta e dove?

Di solito sì in salotto. Sono legato ai nostri cantautori, in particolare Fossati, e mi piacciono i Pink Floyd.

Ama il cinema? Qual è l’ultimo film che ha visto al cinema?

Mi piace molto. Ci vado almeno due volte alla settimana.

Preferisce viaggiare in treno, auto o aereo?

Aereo.

Il viaggio che le ha regalato più emozioni e più sorprese?

Sono tre… Yemen, Alaska, Patagonia.

Può dirci tre Paesi che sono nel suo cuore e le ragioni di questo affetto?

Mi ripeto: lo Yemen per la gente e per il ritorno al passato; l’Alaska e la Patagonia per gli spazi.

In quale città italiana le piacerebbe vivere se non abitasse a Verona?

Milano.

La città italiana più bella?

Firenze.

La città europea più bella?

Senza dubbio, Parigi.

Chiuda gli occhi: quale paesaggio ricorda con particolare emozione?

I vigneti della Borgogna.


Past-president dell’Associazione Culturale Pediatri, Michele Gangemi è un esperto di counselling in pediatria. Ha collaborato con Il Pensiero Scientifico Editore curando il volume Narrazione e prove di efficacia in pediatria.

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