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Le casette in Canada
Chi è stato il suo “Maestro” più importante? Perché?
Forse il rimpianto Alvan R. Feinstein, professore di epidemiologia clinica presso la Yale University, che negli anni è diventato un amico, un collega, un mentore. Perch? Forse perché è stato tra i primi a dare un senso a cosa facciamo oggi in medicina, ha avuto una vasta cultura di riferimento ed ha osato innovare. E poi… ha avuto il coraggio di scrivere la prefazione a due dei miei libri. Cosa consiglierebbe ad un giovane medico? Di fermarsi, osservare e ascoltare pazienti e colleghi tutte le volte che è possibile, di avere un senso etico forte, e di non contare solo sulle “ricette preconfezionate”, sulle nozioni apprese e le abilità acquisite. Restare curiosi e avere il coraggio di innovare. La routine permette di fare esperienza e acquisire delle competenze, ma rischia di uccidere la curiosità e l’istinto. Quale è stata la sua più grande sconfitta? Aver perso di vista molte menti promettenti. Ma l’essere indipendenti era una delle loro maggiori risorse, dunque la perdita è stata un fatto positivo. Quale il miglior consiglio ricevuto? Il silenzio. Grazie al suo effetto assordante, mi ha aiutato a capire che qualcosa stava andando storto. Qualcuno considera l’EBM una raffinata tecnica di ricerca bibliografica: cosa ne pensa? L’EBM è solo un passo nel cammino evolutivo della ragione e della capacità di decisionale in medicina. Trova saldamente le sue fondamenta nell’epidemiologia clinica, nella biostatistica e nella metodologia, e nell’esperienza clinica. In quanto ricerca e valutazione critica delle tecniche per trovare evidenze ci rende più autonomi e pragmatici nella comprendere e capacità decidere in medicina clinica e comunitaria. Vede l’EBM come nuovo paradigma epistemologico o come il naturale risultato della riflessione contemporanea sulla medicina e sulla salute? Forse entrambe le cose. Nella sua, per quanto giovane (circa 15 anni), veste classica e nel contenuto offre un elemento essenziale, ma non sufficiente, per affrontare la salute, la malattia e la cura. Una metodologia di pensiero più critica può ampliare la nostra capacità di utilizzare l’esperienza, le nuove tecnologie mediche e i contributi sociali al benessere dei pazienti e delle Comunità. Oltre alla relativa importanza e attualità, ha un nome accattivante ed il pubblico gradisce sempre il suono delle parole nuove. Questo però non significa nasconderne la reale natura seria n le relative limitazioni. Finora molto è stato fatto nel dominio dei trial clinici, nel trasferimento di tecnologia e informazione. Il resto tocca a noi. Qual è la sua più grande delusione professionale? Non essere abbastanza comunicativo e competente per convincere meglio i miei lettori e i miei interlocutori, nell’ottica di Thomas Kuhn, che i paradigmi in medicina vanno e vengono e che il pensiero epidemiologico, biostatistico ed evidence-based non è un punto di arrivo definitivo. Come trova il tempo di scrivere e dove? In questo momento della mia vita, la domanda dovrebbe essere diversa, l’opposto: come trova il tempo di fare il resto? Come pianifica il lavoro di scrittura? Male. Sto cercando disperatamente di prefigurarmi cosa accadrà in medicina, provo a dare il mio contributo affinch le cose in cui credo si realizzino, anche se la realtà dimostra che alla fine tutto si concretizza ma con molto ritardo. Il primo libro sulle metanalisi in medicina (in francese) è stato scritto e pubblicato nel 1987, ci sono voluti diversi anni perché questo ambito facesse i dovuti passi avanti. Ha collaborato con diversi editori americani, ma anche europei e asiatici: ha riscontrato delle differenze nel loro approcci? Tutti gli editori sono molto dinamici. Tuttavia, a volte, le differenze intercontinentali vengono attenuate dalla filosofia e dalle procedure interne alle multinazionali, aziende le cui dimensioni continuano ad aumentare. Come sempre, nel nostro continente ci sono innovazione e coraggio tali da consentire la pubblicazione di qualcosa di nuovo. L’Europa è più conservativa ma anche sensibile a introdurre nel più ampio contesto storico e culturale i messaggi dei suoi autori. Apprezzo anche questo atteggiamento. Gli editori asiatici sono straordinariamente aperti e pronti ad accogliere le migliori esperienze internazionali attraverso una specificità filosofica, culturale, sociale e tecnologica molto più significativa di quella sia del “vecchio” sia del “nuovo” continente. Tendiamo a sottovalutare spesso questa ulteriore sfida affrontata così bene dai nostri amici e colleghi sull’altra sponda del Pacifico. Qual è il suo paesaggio preferito? Amo i paesaggi immortalati sulle tele dei grandi maestri. Forse perché non ci sono più e non c’è possibilità di essere là e di farne parte. Ma sto cedendo al sentimentalismo. L’EBM sembra essere nata in un cottage canadese: perché il Canada ha influenzato così tanto la nascita di un nuovo modo di fare Medicina? Grazie per il tributo al nostro umile impegno. Per me ed i miei colleghi, sono lusingato e onorato della domanda. Forse perché abbiamo iniziato da piccole cose e mirato alle grandi? Non eravamo così tanti all’inizio, ma ci abbiamo creduto. Alcuni dei miei colleghi, a volte un po’ troppo supponenti ed aggressivi, hanno avuto abbastanza talento per essere dei trascinatori. Inoltre, essendo in pochi all’inizio, circa una generazione fa, non abbiamo perso la capacità di comunicare tra noi in maniera amichevole e diretta. Siamo storicamente testardi e determinati, un po’ come nel diradare il bosco intorno ai cottage. Fuor di metafora e più seriamente, tutti abbiamo provato a mettere in pratica gli elementi principali del nostro pensiero secondo le risorse umane e materiali disponibili, sempre limitate, cercando una medicina che fosse efficace senza rinunciare alla sua componente di umanità. Nel gioco del caso e del destino, sono diventato con orgoglio attore non protagonista. Ma… sono tornato su un piano simbolico! Qual è la sua rivista medica preferita? Dal momento che i miei attuali editori potrebbero leggere questa intervista, il JAMA e gli Archives Journals. Qual è il suo romanziere preferito? E perch? Forse Oscar Wilde e anche Benjamin Disraeli. Perch Benjamin Disraeli? Perch disse: “Quando voglio leggere un romanzo, ne scrivo uno”; se sembrasse presuntuoso, aggiungo: è Ben che lo ha detto! Le piace ascoltare musica? Molto. E non ha idea di quanto mi sia costato fare in modo che la mia macchina fosse una sala per l’ascolto in un Paese dove il tuo vicino o il tuo posto di lavoro possono essere raggiunti solo con il serbatoio pieno. Lo sport preferito? Posso dire qualunque cosa sia compatibile con la mia angioplastica di oltre tre anni fa? L’impianto sportivo locale YMCA potrebbe bastare, viste le stimolanti e affascinanti signore sbuffanti e petulanti che leggono le riviste mentre corrono sui tapis roulant al mio fianco. Cucina preferita? Lo chieda a mia nuora, italo-canadese. Peggiore abitudine? Mi emoziono troppo per le cose che sto facendo. Ma non potete insegnare a un vecchio cuore trucchi nuovi. Qual è il lavoro meno divertente che avete dovuto svolgere? La lista, in continua crescita, dei lavori domestici costantemente aggiornata dalla mia cara moglie per oltre 40 anni. Quale invenzione potrebbe migliorare la tua vita? Una macchinetta sempre funzionante e ben oliata per fabbricare la felicità. |
Milos Jenicek è membro del Royal College of Physicians and Surgeons of Canada (FRCPC) e oggi insegna presso McMaster University. È professore emerito presso la Universit de Montral e professore associato alla McGill University. Pioniere della evidence-based medicine è autore del libro. Pioniere della evidence-medicine che sembra essere nata in un cottage canadese, ha pubblicato con Il Pensiero Scientifico Editore “Casi clinici ed evidence-based medicine. Come preparare e presentare case report“. |