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Caro compagno: omaggi

Lavoro e formazione professionale
Quali persone hanno più influenzato il tuo modo di fare il medico?

Nei primi anni, un clinico medico dell’università Roma, Vincenzo Pennetti, che in particolare richiamava l’attenzione sull’importanza del primo contatto con il malato, sull’anamnesi e sulla metodologia clinica. Poi gli autori di libri che hanno discusso in vario modo della medicina e del medico nel rapporto col malato ma anche rispetto al potere e alla società. E quindi non solo Murri o Maccacaro, ma anche, per esempio, Cline, Cechov, Bernard Shaw o Lynn Payer, semi-sconosciuta in Italia, che con le pagine del suo libro La babele medica potrebbe aprire gli occhi ai medici anche di oggi.

Come è cambiata la Medicina dai tempi in cui tu scegliesti questa professione?

Specializzazioni e tecnologie – di imaging e di laboratorio – hanno cambiato tutto, nel bene e nel male. Certo: da una parte ci sono risposte più semplici, ma dall’altra aumentano le ipotesi diagnostiche con molteplici conseguenze. Nel caso di un problema irrisolto, lo specialista risponde troppo spesso “Il malato non è mio” e il radiologo “Per la richiesta che fai, io non vedo niente”. E il medico che dice al malato? La popolazione è sempre più anziana e molte persone, braccate da malattie ma anche sedotte da tante illusioni su farmaci e medicina veicolategli da Tv , giornali e persino dal proprio medico, non sanno più cosa fare.

Un quadro non confortante…

Certamente. Aggiungiamo che per i malati più giovani, poi, Internet sembra offrire ogni risposta per sapere tutto e in pochi minuti. Ma i limiti della medicina chi li racconta? In occidente c’è un uso sconsiderato di antibiotici che non curano le virosi respiratorie o tutti i casi di febbre e non sempre si usano gli antiipertensivi anche se è dimostrata la loro efficacia. Se tecnologia e sapienza fossero cresciute insieme, di pari passo, saremmo meno illusi e più coscienti dei risultati raggiunti davvero. Si cerca troppo su Internet e non si sono lette le pagine di Geoffrey Rose.

Domanda ovvia, a questo punto: rifaresti le stesse scelte?

Più che ovvia, difficile, per come sono andate le cose. Volevo fare il neurologo e oggi lavoro in un Pronto soccorso. E’ rimasta l’attenzione ai problemi, ma guardandoli da prospettive diverse. Ho l’impressione che l’emergenza sia il trionfo dell’abduzione, non della procedura ipotetico-deduttiva menzionata per la medicina.

“Dietro ogni caso clinico c’è una storia”: sei d’accordo?

Quasi sempre sì, qualche volta accennata o drammatica.

Quanto è importante per il medico saper cogliere, comprendere e raccontare queste storie?

Se non si capisce questo, non si fa niente di utile. Non solo perdi tempo, soldi e fai lavorare inutilmente altre persone, ma soprattutto dimentichi di dedicare anche pochi minuti ad ascoltare il malato. Un caso estremo, ma più frequente di quanto non si pensi: cosa dire a una donna malmenata in casa dal cosiddetto “compagno”? Bastano poche gocce di un ansiolitico o il migliore sciroppo sono le lacrime con cui racconta la sua storia? Però occorre ascoltarla così come chiederle se non sia il caso di sporgere denuncia. Molte volte ci sentiamo rispondere che “sì, che questo risolverebbe il problema”, ma non può perché ha paura di altre violenze o perché non c’è un’altra casa dove rifugiarsi…

Qual è la parte del tuo lavoro più gratificante? E quella più noiosa?

La noiosa è il confronto con la burocrazia e con il collega litigioso. Quella più gratificante – non sono originale – è aiutare a risolvere un problema.

Qual è stato il tuo primo “esame”, non intendendo con questo gli impegni scolastici?

Non sono originale, ma è stato il primo confronto con un malato, in una stanza di guardia medica, 30 anni fa circa. Mi ero laureato da poco. La persona mi cercava per un mal di testa. Quanta cura in quella visita. Mentre lui mi diceva “Ma no, è un mio problema da anni”, l’ho visitato e mi giravano in testa innumerevoli ipotesi. “Ma il mal di testa è cambiato?” – chiedevo – “E come scegliere il farmaco giusto?” – dicevo a me stesso…

Ricordi, passioni e curiosità
Qual è il tuo più grande rammarico?

In parte ho già risposto, indirettamente. Avrei voluto fare e ho studiato per fare il neurologo, ma tutto è andato diversamente senza che questo mi dispiaccia. In assoluto, se mi fossi preparato meglio per un solo “mestiere”, sarebbe stato tutto più semplice.

Quale forma di aggiornamento ti sembra più utile?

Personalmente leggo quasi solo riviste cui sono abbonato e che consulto di continuo. Come utente di Internet, per aggiornarsi sul serio non sono un buon giudice. In tutti i casi, primo, cerco la qualità, il mezzo mi sembra di secondaria importanza: per dire, il Martindale e la Cochrane Library vivono sulla carta, sul computer, sul telefono… Secondo, compro ogni nuova edizione del libro di emergenza e di farmacologia cui sono legato. Terzo, le riviste che ricevono i medici gratis in genere non sono affidabili.

Leggere le riviste professionali?

Ho già risposto: cerco la qualità. Purtroppo, mi confronto spesso con specialisti che sembrano colonizzati solo dalla lettura di riviste specialistiche. Perch un oncologo non dovrebbe leggere il NEJM?

Andare ai congressi?

Ne vedo troppi in giro di qualità discutibile, sul piano didattico o etico. Si ascoltano informazioni di dubbia qualità. E purtroppo molti medici seguono certe regole solo perché se ne è parlato a un congresso o vanno a un convegno solo per confrontarsi e conoscere dei colleghi.

Accettare consigli da colleghi è utile o rischioso?

È una domanda difficile. Dipende dal problema, dal collega, da come è dato un consiglio.

Mai provata la formazione a distanza?

L’ho scoperta da poco e mi sembra una strada da percorrere. Potrebbe essere più utile impiegare una giornata in questo modo che andare ai congressi. Per la formazione a distanza, però, per l’offerta che ho visto sinora, mi sembra che occorra selezionare bene cosa fare e come farlo, a quali fonti informative affidarsi.

Qual è la tua rivista scientifica preferita?

Sono due: British Medical Journal e Medical Treatment Guidelines.

Che genere di articoli trovi più utili?

Risultati di trial o revisioni sistematiche con un Editoriale di commento. E le rassegne cliniche.

La medicina basata sulle evidenze è ancora viva?

Mi chiedi se qualcuno se ne occupa? Mi sembra di sì. Il problema vero è che tante persone non sanno nemmeno cosa sia.

Chi è un “esperto” in campo medico?

Un professionista che parla della sua esperienza menzionando i risultati di revisioni Cochrane e i suoi articoli sul BMJ non su Tuscania Medica…

Internet e la disponibilità di mille intelligenti pareri mette in crisi l’utilità degli “esperti”?

Forse sì, almeno in termini pratici.

Usi gli sms anche come mezzo per comunicazione di lavoro?

Mai, sono un analfabeta del mezzo. Come di Facebook o Twitter.

Col computer hai un rapporto complice o conflittuale?

Direi complice con il computer, conflittuale con la rete.

Cosa ti appassiona veramente?

Scrivere un libro.

Lettura, cinema e teatro
In cucina preferisci stare ai fornelli o a tavola?

Assolutamente a tavola e cercando il meglio tra chi sta ai fornelli.

Quale ricetta romana suggeriresti ai nostri lettori?

Scegli: carbonara o arrabbiata?

Qual è il tuo romanzo preferito?

Due anche il questo caso: La morte di Ivan Il’ic e L’uomo che amava le donne.

Quali libri hai sul comodino?

Dossier Freud, appena uscito presso Bollati; Le due culture, letto in passato ma che ho riletto con soddisfazione; Alla ricerca della memoria, di Eric Kandel; Luchino Visconti, che ha mi ha presentato un Visconti che non conoscevo.

Qual è l’ultimo libro che hai regalato?

L’uomo che amava le donne, e non è l’ultima copia che regalerò.

Se dovessi scegliere un romanzo che un giovane medico dovrebbe sicuramente conoscere, quale sarebbe?

Per il libro, Il dottor Semmelweis di Louis-Ferdinand Cline e Morte a Venezia di Thomas Mann.

Scegli tre libri “classici” della Medicina… Efficienza ed efficacia di Archibald Cochrane, Le strategie della medicina preventiva di Geoffrey Rose, Cattive acque. John Snow e la vera storia del colera a Londra.

Tempo libero
Vivi a Tuscania, la città di “Uccellacci, uccellini”: quale regista hai amato o ami di più?

Domanda ardua: forse Visconti.

Qual è la città italiana dove vai più volentieri?

Mi verrebbe da rispondere Roma, dove sono cresciuto e vissuto per anni e perché non amo viaggiare, ma tra i ricordi e i desideri direi Venezia.

30 gennaio 2013

Stefano Cagliano è medico presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Belcolle di Viterbo. Si occupa da anni di farmaceutica. È inoltre, giornalista e divulgatore scientifico. Tra le sue pubblicazioni, “Dieci farmaci che sconvolsero il mondo” (Laterza 1989), “Guarire dall’omeopatia” (Marsilio, 1997, 2ª ed), “I farmaci” insieme ad Alessandro Liberati (Il Mulino, 2001), “Rischiare di guarire” insieme a Marco Bobbio (Donzelli, 2005). Per Il Pensiero Scientifico Editore ha curato la presentazione di “Efficienza ed efficacia” di Archibald L. Cochrane. Ha pubblicato “Cento farmaci per il pronto soccorso” insieme a Cuzzoli Antonio (Il Pensiero Scientifico Editore, 2005) e “I farmaci del cuore” con Marco Bobbio (Il Pensiero Scientifico Editore, 2009). La sua ultima pubblicazione: “Scale di valutazione dell’ictus” con Andrea Sanapo.

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