Il Pensiero e le Istituzioni
Se cammini per il centro di Roma e ti sembra di averlo fatto talmente tante volte da conoscerlo tutto, entra in un portone. Uno di quelli che solo apparentemente separano la città da alcune delle sue università più antiche. Come raccontava molti anni fa Beniamino Placido in una delle sue digressioni sul quotidiano, d’improvviso ti sembrerà di essere capitato in un mondo che non pensavi esistesse. “Facce verdi, gialle, rosse, color cioccolato” scriveva (sì, proprio “verdi”, chissà chi avrà visto). “Sudamericane, asiatiche, sudafricane”. Oltre il portone c’è un mondo fatto di studio, concentrazione, affetti, sentimenti identitari. Molto spesso di caffè venduti a cinquanta centesimi nei bar interni, e i cappuccini coi cuori disegnati in superficie per le ragazze più belle. Un mondo fatto di librerie gestite con intelligenza e ancora più spesso di biblioteche preziose, nelle mani di documentalisti di grande esperienza e cultura.
L’Italia, e non solo Roma, è piena di luoghi come questo. Quando può non sembrare così basta saper guardare con occhi più attenti. Sono università, ospedali, associazioni, ordini professionali. Ma anche centri di ricerca, corridoi di istituzioni nazionali o regionali, Nei suoi primi settant’anni, il Pensiero ne ha percorsi molti, di corridoi di questo tipo, e non ci siamo stancati di farlo. Ne abbiamo tratto sempre molto vantaggio, meno economico che culturale.
La geografia di molti di noi che lavorano in casa editrice si è andata costruendo con visite, incontri, conversazioni, incomprensioni, progetti, traguardi raggiunti. La mia personale si formava già cinquanta anni fa sui viaggi di nonno e poi di mio padre: la Sardegna era la terra del cannonau e del “dorato” giunto in dono dall’oncologo di Sassari e la Toscana era quella delle case di campagna che circondavano la tipografia di San Casciano, immersa nei filari del Chianti.
La mongolfiera che si muove tra le pagine sorvola alcuni degli incontri più recenti. In filigrana, silenziosa, con tutta la discrezione possibile, propria di chi deve contribuire a dare valore al lavoro di altri restando quasi invisibile, sullo sfondo. Perché l’importante è nella mediazioni tra chi produce le prove con la propria attività di ricerca e chi è chiamato ad utilizzarle nel lavoro di tutti i giorni.